Facebook Pixel
Milano 16:30
34.328,58 +1,15%
Nasdaq 16:29
17.675,45 +1,41%
Dow Jones 16:29
38.266,22 +0,47%
Londra 16:30
8.142,29 +0,79%
Francoforte 16:29
18.191,37 +1,53%

Tornerà?

L'inflazione, quando e quanto


Il secondo fattore è la deglobalizzazione. Tornare a filiere produttive continentali o nazionali in sostituzione della filiera unica globale aumenterà la solidità del mondo ma ne diminuirà l'efficienza, spingendo in alto i costi e quindi i prezzi finali.

Il terzo fattore è un corollario del secondo. Il mondo che si chiude e ripristina i confini riduce l'immigrazione, ripristina i dazi, torna a pagare il lavoro locale, che costa di più di quello delocalizzato. Si noti la differenza rispetto al 2009, che accelerò le delocalizzazioni, quando già oggi un governo come quello giapponese finanzia il ritorno a casa delle imprese che si erano spostate in Cina. O si veda come l'Unione Europea, costruita sulla concorrenza fin dai tempi del carbone e dell'acciaio, riscopre i campioni nazionali, ovvero i monopoli, e i dazi verdi. Non c'è solo Trump. Trump è stato solo il primo.

Commercio in GiapponeSe tornerà, l'inflazione arriverà lentamente, come avvenne a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta. Se tornerà, a metà o alla fine del decennio, non verrà riconosciuta subito dal mercato, che la considererà temporanea, come successe fino a metà degli anni Settanta. Ma questa volta non si tratterà solo di un mancato riconoscimento, ma anche di un'attiva difesa dei corsi da parte delle banche centrali, che cercheranno di sopprimere i rendimenti con acquisti diretti. L'obbligazionista a tasso fisso perderà comunque, o perché i suoi bond scenderanno di prezzo o perché, anche non scendendo, avranno un potere d'acquisto eroso dall'inflazione.

Comprendiamo bene lo scetticismo sull'inflazione da parte di chi fa notare altri fattori strutturali, in questo caso di deflazione, come l'invecchiamento della popolazione (virus permettendo), la tecnologia e il serbatoio di immigrazione da cui un giorno si potrebbe riprendere ad attingere. Ma mentre nel decennio passato l'inflazione ha perso su tutta la linea, nel prossimo la battaglia sarà ad armi pari quel tanto che basta a fare preferire una quota di indicizzati nel portafoglio obbligazionario e una presenza non simbolica dell'oro.

Venendo al breve termine, i livelli attuali delle borse, piuttosto generosi, sono giustificabili se si pensa che l'epidemia, a parte un sussulto in giugno quando saremo tornati da due-tre settimane a una vita più normale, si trasformerà in un fenomeno endemico socialmente gestibile. Per giustificare i livelli attuali bisogna anche credere che dai 70 vaccini in preparazione ne esca almeno uno efficace in autunno. Non importa che sia disponibile per tutti, sarà sufficiente sapere che sarà possibile mettersi l'incubo alle spalle in tempi ragionevoli. Con un vaccino o una cura riconosciuta, i mercati potranno essere a fine anno a un livello più alto dell'attuale. Molte cose possono però andare ancora storte. È per questo che non vediamo motivo per cambiare la raccomandazione di tenere per chi ha (facendo le dovute verifiche sui singoli titoli) e di acquistare gradualmente per chi è liquido.

(Foto: Pexels / Pixabay)
Condividi
"
Altri Top Mind
```