Il risultato è che
oggi ci troviamo in una situazione di investimenti cancellati, scorte basse e presenza del settore nei portafogli ridotta ai minimi termini. Se i prezzi delle materie prime e dei titoli del settore sono riusciti a salire nel disastroso 2020 (il rame si è apprezzato di un quarto e le società estrattrici molto di più) possiamo immaginare le potenzialità quando finalmente si uscirà dalla pandemia e si avvierà un lungo ciclo di ripresa economica. E non dimentichiamo il dollaro tendenzialmente debole che si profila all'orizzonte per i prossimi anni e che da sempre è inversamente correlato con i corsi delle materie prime.
Certo,
i rialzi delle materie prime incontrano sempre, a un certo punto, ostacoli alla lunga insormontabili. I prezzi elevati riducono la domanda, aumentano l'offerta, inducono i governi a chiedere percentuali più alte su quello che viene estratto sotto la loro giurisdizione e spingono le maestranze a rivendicazioni che spesso si traducono in lunghi scioperi e, alla fine, in una pressione sui margini dei produttori. Questi ostacoli richiedono però tipicamente alcuni anni per manifestarsi e ora, con ogni probabilità, siamo ancora nelle fasi iniziali del nuovo ciclo.
Piuttosto che rincorrere nell'iperspazio alcuni dei temi più sfruttati del 2020 può dunque valere la pena esplorare il settore. Il precedente del 2000 è interessante. Con i titoli legati a Internet a prezzi fuori da ogni logica, i minerari agonizzavano sui minimi. Più bit nei portafogli e meno atomi, si diceva allora. Già due anni dopo si poteva notare che i bit continuavano a precipitare, mentre la tavola degli elementi era in decisa ripresa. Questa volta i bit non precipiteranno e manterranno comunque un andamento più che dignitoso, ma gli atomi faranno verosimilmente meglio, almeno per una fase. La
blue wave democratica negli Stati Uniti, con la
politica espansiva e l'attenzione verso le energie verdi che ne seguiranno, favorirà ulteriormente questa tendenza.
(Foto: © Artur Nyk/123RF)
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