La prima
transizione dall'offerta alla domanda avvenne su scala globale negli anni Trenta del secolo scorso. Il fascismo italiano passò da una fase ultraliberista nella prima parte degli anni Venti (austerità, privatizzazioni, libero scambio, pareggio di bilancio, cambio forte come obiettivo) a una fase di segno opposto nella seconda metà degli anni Trenta (welfare, nazionalizzazioni, autarchia, controllo dei movimenti di capitale, svalutazione, spesa pubblica in disavanzo monetizzato). Il passaggio fu in linea con quello degli altri paesi per quanto riguarda la direzione, ma entrambe le fasi ebbero una particolare radicalità (una caratteristica, come vedremo, che si riprodurrà fino ad oggi).
Il superciclo della domanda apertosi in Italia nel 1936, con un po' di ritardo rispetto all'America, si chiuderà nella seconda metà degli anni Ottanta, anche qui con un certo ritardo (o, per meglio dire, con una transizione più lunga) rispetto agli altri paesi. Semplificando,
la fase postbellica del superciclo può essere suddivisa in tre sottofasi.
Nella
prima alcune politiche dell'offerta (abbassamento dei dazi, bassa pressione fiscale, basso livello di regolazione) affiancano la forte politica di investimenti pubblici in settori strategici. È la fase con i migliori risultati, tanto che la crescita media annua del Pil italiano, tra il 1951 e il 1971, è del 5.3 per cento.
Nella
seconda sottofase, gli anni Settanta, le politiche della domanda si fanno più forti (aumenti salariali, rigidità del mercato del lavoro, aumento della pressione fiscale, reregulation e controllo dei movimenti di capitale) e quelle dell'offerta sempre più deboli. Con una domanda più forte e un'offerta stagnante parte, come in tutto il mondo, l'inflazione.
Nella
terza sottofase, gli anni Ottanta, vengono reintrodotte alcune politiche dell'offerta (parziale deindicizzazione dei salari, divorzio Tesoro- Banca d'Italia) ma rimangono molto forti le spinte dirigiste che vengono esercitate attraverso gli investimenti pubblici. Ne risulta una crescita di nuovo elevata, ma poggiata in misura crescente sul debito.
Elemento comune delle tre sottofasi, giova ripeterlo, sono i forti investimenti pubblici affiancati, fino alla fine degli anni Sessanta, da forti
investimenti privati.
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