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L'altra metà del cielo

Le politiche fiscali continuano a sostenere l'economia


Politica monetaria e politica fiscale remano infatti, negli Stati Uniti, in direzioni opposte, restrittiva la prima ed espansiva la seconda. Il disavanzo federale è stato pari al 5.4 per cento del Pil nel 2022, sarà del 5.5 quest'anno e continuerà a crescere l'anno prossimo, avvicinandosi al 6 per cento e forse superandolo in caso di recessione. Nonostante l'aumento della pressione fiscale, il condono di una parte dei prestiti universitari, i sussidi alle auto verdi e alle rinnovabili contenuti nell'Inflation Reduction Act e l'incapacità di tenere sotto controllo la spesa corrente hanno reso impossibile ripristinare le politiche moderate delle amministrazioni dei decenni scorsi, tanto democratiche (Clinton e Obama) quanto repubblicane (Bush e Trump).

I disavanzi possono essere letti in tre modi. In quello classico, che paragona i conti pubblici a quelli di una famiglia o di un'impresa, sono visti come una spesa presente che toglie spazio e risorse alle generazioni future, che dovranno rimborsare il debito. Nella visione prevalente negli ultimi quattro anni i disavanzi sono invece una buona cosa nella misura in cui sono prodotti da investimenti pubblici che garantiscono un ritorno in termini di crescita superiore al costo del debito. Secondo la Modern Monetary Theory, d'altra parte, sono semplicemente un modo per creare risorse per l'economia e possono essere ampi quanto si vuole, a condizione che non creino inflazione. In caso di inflazione, secondo la MMT, si aumentano le tasse (che in pratica, in questa visione, non scendono mai).

Quale che sia il giudizio di valore sulle politiche fiscali espansive, è indubbio che, a parità di altre condizioni, il loro effetto vada bilanciato da politiche monetarie più restrittive. Fu questa, del resto, la giustificazione addotta da Powell nel 2018, quando la Fed alzò i tassi per compensare i tagli di tasse di Trump, provocando un pesante ribasso delle borse.

Un'altra conseguenza dei disavanzi elevati, che nel tempo concorrono ad un aumento del debito pubblico, è che diventa più forte la tentazione di contenerli e ridurli attraverso l'inflazione. Le banche centrali possono essere sinceramente intenzionate a ridurre l'inflazione, ma sanno anche che l'inflazione fa molto comodo perché gonfia il Pil nominale e riduce il rapporto tra debito e Pil. Se il rapporto debito-Pil in questo modo non sale, i governi non hanno a loro volta controindicazioni per continuare ad aumentare la spesa. Nel lungo periodo, dunque, le politiche fiscali espansive, di fatto, tendono a comprimere i tassi reali fino a renderli negativi.
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