Volendo tentare di dare un senso a quello che accade, possiamo dire che
l'arrivo imminente dei dazi ha certamente aumentato l'incertezza e l'ansia, come è ben riflesso dagli indicatori di sentiment, ma non ha indotto nessuno a spendere meno, né le imprese né i consumatori, come è riflesso dai dati oggettivi. Certo, si è speso diversamente. Gli acquisti sono stati dirottati su beni da mettere in magazzino, per le imprese, o nella cantina di casa, per le famiglie. La corsa a costituire scorte, a sua volta, è stata dettata non solo dall'aspettativa di prezzi più alti dopo i dazi, ma anche dal timore di non trovare più disponibili, nei prossimi mesi, i beni importati.
Quello in corso, per l'America, è uno shock da offerta. Ci sono però importanti differenze rispetto all'altro shock da offerta, quello del Covid, con cui questo viene spesso paragonato. La prima è che del
Covid nessuno sapeva prevedere la durata, mentre questa volta, con l'importante eccezione dei prodotti cinesi, possiamo ragionevolmente prevedere che si tronerà alla normalità in tempi contenuti. La seconda differenza rispetto al Covid è che
questa volta non c'è il fortissimo supporto monetario e fiscale alla domanda che ci fu allora. La conseguenza è che, rispetto ad allora, ci sarà molta meno inflazione ma anche meno crescita.
Che l'economia abbia continuato a crescere in questi mesi non solo in Cina e in Europa, ma anche in America, è segnalato indirettamente anche dall'andamento degli utili delle società riferiti al primo trimestre, che sono in corso di pubblicazione. Questi utili, pur senza essere spettacolari, sono stati comunque buoni. Non lo sarebbero stati se ci fosse stata davvero quella recessione cui allude il segno negativo del Pil pubblicato oggi.
Ad attenuare le ansie dei mercati c'è poi anche un altro fattore, ovvero la
funzione di reazione dei policy maker rispetto ai momenti negativi dei mercati. Fino a tempi recenti, ricordiamo, l'amministrazione Trump aveva ostentato indifferenza rispetto alla discesa della borsa e del dollaro, mostrandosi sensibile solo al corso dei bond lunghi. Le cose sono cambiate. Sul dollaro, pur confermando tra le righe di volerlo rafforzare nei fondamentali ma indebolire nel tempo nei rapporti di cambio con le altre valute, si è visto per lo meno un impegno a ritrovare una certa stabilità. È però sull'azionario che il nuovo atteggiamento, attentissimo all'andamento dei corsi e pronto a sostenerli in caso di caduta, è particolarmente evidente. Questo significa che
un'eventuale nuova fase di debolezza della borsa nelle prossime settimane metterà una forte pressione sulle trattative commerciali in corso e indurrà l'America a maggiori concessioni pur di potere concludere qualche negoziato e dare qualche buona notizia ai mercati.
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