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Moda, Mediobanca: 2022 da record, crescita più "morbida" in 2023-2024

Economia
Moda, Mediobanca: 2022 da record, crescita più "morbida" in 2023-2024
(Teleborsa) - 2022 da "record" per il settore della moda a livello mondiale, con tutti i valori in crescita, oltre i livelli pre-crisi. Lo rileva il nuovo report sulla Moda messo a punto dall'Area Studi Mediobanca dal quale emerge che nel 2022 le 80 maggiori multinazionali della moda hanno fatturato complessivamente 566miliardi di euro (+11,7% sul 2021, superando del 21,6% i livelli pre-pandemici), di cui il 58% generato dai player europei e il 33% dai nordamericani. Le aziende italiane riflettono la varietà e creatività imprenditoriale del nostro Paese e sono quindi più numerose, ma di dimensione inferiore.

Tra i 37 gruppi europei, l'Italia con i suoi 12 big è il Paese con più protagonisti, ma è la Francia ad aggiudicarsi il primato per giro
d'affari (43% del totale europeo), davanti a Germania (11%), Spagna e Regno Unito (10% entrambi), con l'Italia al 7%. I gruppi del lusso crescono di più di quelli mass-market (+19,3% vs +8,3% sul 2021), anche rispetto ai livelli pre-Covid (+32,7% vs +13,8%).
Al primo posto per ricavi tra i colossi mondiali si conferma LVMH (€79,2mld). Prima tra gli italiani si posiziona Prada (€4,2mld), al 33esimo posto in classifica, seguita da Oniverse (44esima posizione), Moncler (50esima) e Giorgio Armani (54esima). Il giro d'affari complessivo appare concentrato: le prime dieci multinazionali rappresentano oltre la metà dei ricavi aggregati, con LVMH che da sola ne concentra il 14%.

Anche la redditività supera i livelli pre-crisi, con l'ebit margin aggregato al 15,1% (dal 13,1% del 2019), risultato dell'aggregazione di due cluster differenti: da una parte i colossi del lusso con l'ebit al 24,4%, inferiore solo alla redditività delle farmaceutiche (25,1%), e dall'altra i player mass-market con il 9,7%. Hermès si conferma di gran lunga al primo posto (ebit margin al 41,5%), davanti a Chanel (34,1%) e LVMH (31,5% al netto della divisione “selective retailing”). Seguono Moncler (29,8%), prima italiana in classifica, e Kering (27,5%).

In crescita pure gli investimenti che superano i livelli del 2019: +29,4% rispetto al 2021 e +24,8% rispetto al 2019. I gruppi del lusso registrano un'intensità di investimento più che doppia rispetto a quelli orientati al massmarket: 9,4% vs 4,5% il rapporto fra investimenti e ricavi. I big italiani si distinguono per il tasso di investimento medio più elevato, pari a 13,5%, oltre il doppio della media del settore (6,4%), e superiore a a quello francese (9,9%). Il podio è tutto tricolore: Valentino (23,6%), OTB (20,2%), Prada (17,2%).

Anche gli acquisti di azioni proprie si sono intensificati superando i livelli pre-pandemici (+81,5% sul 2019) e raggiungendo il record nel 2022, con un'accelerazione per i gruppi europei rispetto a quelli nordamericani (+135,4% vs 66,6%) a cui, però, è attribuibile il 68,7% degli acquisti complessivi.


Crescita più morbida nel 2023 e nel 2024 - I primi nove mesi del 2023 dei maggiori player mondiali della moda segnano un incremento del giro d'affari dell'8%, con mercato asiatico (+9%) ed europeo (+8%) allineati, ma Nord America in sofferenza, unica area geografica in calo, dopo essere stata quella più brillante nel 2022. Le prime evidenze per l'intero 2023 confermano un ulteriore anno di crescita (+7% sul 2022), anche se a un ritmo inferiore rispetto a quello precedente, con un incremento più accentuato per i gruppi del lusso con un +9%.

Il contesto macroeconomico, i solidi fondamentali del comparto e la stabilizzazione della crescita dopo i brillanti risultati del post-pandemia lasciano presagire un futuro consolidamento del settore con ulteriori investimenti da parte delle multinazionali sulla supply chain e sul rafforzamento del presidio di filiera. Per il 2024 si attende un rallentamento della crescita che si fermerebbe al +4%, sostenuta anche dall'aumento dei listini implementati nei mesi scorsi e da un'accelerazione dei flussi turistici.

Il report rileva anche una forza lavoro più giovane e flessibile nelle aziende statunitensi e tedesche e più donne ai vertici nelle francesi.
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