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Miserie e nobiltà



Ci perdoneranno i numerosi ammiratori della commedia napoletana se prendiamo a prestito, con una piccola modifica, il titolo dell'opera più conosciuta di Eduardo Scarpetta, padre del grande Eduardo De Filippo. Queste tre parole sintetizzano, come forse meglio non si potrebbe, la situazione italiana dipingendo nella loro immediatezza e semplicità un quadro perfettamente riconoscibile.

Nel recente appuntamento annuale del World Economic Forum a Davos, mentre i più importanti leader europei, e non solo, sono stati chiamati ad analizzare lo stato della crisi economica internazionale fornendo le rispettive ricette per il suo definitivo superamento, al nostro Paese è stata riservata una sessione particolare dal titolo quanto mai significativo: "l'Italia, un caso speciale".

Nei commenti più benevoli veniamo considerati alla stregua di un bambino sicuramente intelligente, dotato di grandi potenzialità di crescita, ma un po' discolo ed indisciplinato, incapace di mettere a frutto i talenti naturali di cui dispone; per carità di parte e di Patria tralasciamo quelli più malevoli, anche se facilmente intuibili.

Scrivevamo qualche settimana fa che non ci arruoliamo né con gli ottimisti a prescindere né fra i pessimisti di professione; semplicemente raccontiamo una realtà che fa della contraddizione permanente il suo tratto distintivo. La nostra è una Nazione in cui convivono eccellenze e criticità estreme, situazioni di benessere assoluto e di degrado infinito, con un gap fra le due condizioni che si sta progressivamente allargando.

Siamo il secondo esportatore europeo dopo la Germania ed il quinto a livello mondiale, in alcuni settori ad alta o altissima tecnologia deteniamo posizioni di leadership indiscussa, la nostra creatività è universalmente nota e riconosciuta, ma sul nostro territorio permangono aree di sottosviluppo difficilmente comparabili con gli altri paesi dell'area.

Il nostro tasso di disoccupazione ufficiale è teoricamente appena superiore all'8,5%, quindi inferiore alla media europea, ma in realtà tutte le fonti statistiche più accreditate lo collocano all'11%, mentre un giovane su tre si prodiga nella vana ricerca di un posto di lavoro. Particolarmente grave è la situazione dei neo laureati, il cui ingresso a pieno titolo nelle attività produttive e nei servizi si sposta sempre più in là, con conseguenze nefaste sulla possibilità di costruire relazioni affettive stabili. In un futuro non tanto lontano la riforma delle pensioni non la farà il Parlamento, ma l'anagrafe degli attuali non occupati.

Nouriel Roubini, l'economista che per primo nel 2007 ha previsto gli effetti nefasti della crisi finanziaria che stava per arrivare, afferma che la classe politica ha ben presente quali sono i nostri problemi, quali sono le riforme indispensabili per far ripartire il nostro sistema economico, ed è colpa grave dell'attuale Esecutivo non avervi messo mano.

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