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Sub-prime alla cinese

Aleggia ancora il fantasma del 2008

Teme una nuova crisi finanziaria, perfino George Soros, il finanziere divenuto ricco ed ancor più famoso per aver tratto profitto dalla speculazione contro la sterlina, scommettendo sulla sua svalutazione nel '92: quello che sta accadendo in Cina assomiglia a quanto accadde nel 2008 in America.

Da allora sono passati quasi otto anni, ed è utile ricordarne la dinamica: la crisi americana fu innescata dalla insostenibilità dei debiti contratti dalle famiglie. Avevano contratto mutui che divenivano sempre più cari per via dell'aumento continuo dei tassi di interesse, deciso dalla Fed per far raffreddare il ciclo immobiliare. Si erano indebitati per importi che coprivano fino al 100% il valore delle case acquistate: i prezzi degli immobili salivano in continuazione, e quindi alla fine si sarebbero trovati proprietari di un bene di maggior valore. Ad un certo punto, però, i prezzi smisero di crescere, e d'improvviso crollarono: molte famiglie si ritrovarono a dover pagare un mutuo per una casa che ne valeva un bel po' di meno. Non aveva più senso continuare a pagarlo.

Le famiglie senza redditi sufficienti per onorare i prestiti, definite sub-prime in quanto non erano comprese tra la migliore clientela bancaria, iniziarono a fare bancarotta, mentre le case ipotecate furono messe in vendita contemporaneamente. Ciò faceva cadere ancor più i prezzi degli immobili.

I titoli di credito rappresentativi dei mutui, le Mortgage backed securities, cominciarono a loro volta a perdere valore: erano illiquidi, tutti cercavano inutilmente di disfarsene. La cartolarizzazione dei mutui immobiliari e dei crediti alle famiglie per l'acquisto a rate delle automobili aveva infestato i portafogli di banche, assicurazioni, fondi di investimento: erano titoli tossici, perché avevano come sottostante crediti inesigibili.

Fu il tracollo, tra banche che fallivano e titoli in Borsa che crollavano: l'eccesso di debito delle famiglie americane aveva scatenato il caos sui mercati.

In Cina starebbe accadendo qualcosa di molto simile: ad essere indebitate eccessivamente, però, sono le imprese. Per oltre un decennio hanno continuato ad effettuare investimenti per aumentare la capacità produttiva, ma ora la domanda mondiale si è fortemente ridimensionata. L'Europa non compra come una volta, per via dell'austerità imposta per rimettere in ordine i conti pubblici; i Paesi produttori di materie prime, dal Brasile all'Australia, vendono poco ai Paesi trasformatori e quindi comprano meno; anche i Paesi produttori di petrolio, dalla Russia fino alla Arabia Saudita passando per il Canada, vedono ridursi gli introiti per la caduta del prezzo del barile. In più, l'euro è stato svalutato per sostenere l'export dell'Eurozona attraverso il Qe deciso dalla Bce, ad imitazione di quanto era accaduto al dollaro a seguito del Qe2 deciso dalla Fed ed allo yen giapponese per via delle Abenomics decisa dalla BoJ.

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