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Libia, negli occhi solo sabbia

Si gioca a scacchi nel deserto


L'Italia è disabituata, ormai da anni, a fare politica estera da sola. Imbozzalata nell'Unione Europea, avviluppata nella Nato, in Libia si trova a fronteggiare gli interessi di altri Paesi che tentano di sostituirci nel ruolo di primo piano che abbiamo da sempre, nel male e nel bene.

Se non si vuole rimanere accecati dalla tanta sabbia che vola in aria nel deserto libico, bisogna fare un riepilogo di quello che è successo negli ultimi anni perché, se il passato coloniale non si dimentica, è pur vero che le relazioni sono andate stabilizzandosi e migliorando, fino alla stipula a Bengasi nel 2008 del Trattato di particolare amicizia tra il Colonnello Muhammar Gheddafi ed il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Muhammar GheddafiQuesto Trattato era stato preceduto dalla cancellazione della Libia dalla lista nera dei Paesi che sostengono il terrorismo: il perdono americano, per il risarcimento delle vittime degli attentati, era costato ben 2 miliardi di dollari. L'Amministrazione Bush voleva spostare la frontiera per contenere Russia e Cina nell'Heartland asiatico, presidiando Afghanistan ed Irak, e non voleva più avere tensioni nel Mediterraneo.

Barak Obama, appena eletto, cambiò completamente strategia, ritirandosi militarmente da quei Paesi in cui gli americani si erano impegnati sin dal 2001 per combattere il terrorismo islamico e l'inaffidabile Saddam Hussein. Voleva, soprattutto, abbattere tutti i regimi autoritari, soprattutto quelli del Medioriente e della sponda sud del Mediterraneo: erano loro, secondo il Presidente americano, la vera causa del terrorismo. Quest'ultimo non sarebbe nient'altro che una reazione, una manifestazione violenta che si verifica laddove non è possibile esprimere una opposizione democratica.

Cominciarono così, nel 2011, le Primavere arabe: prima in Tunisia con la Rivoluzione dei gelsomini che portò alla defenestrazione del Premier Ben Alì che era al potere dal 1986; poi in Egitto con le manifestazioni in Piazza Tahir, la violenta repressione della polizia che portò alla esasperazione della rivolta popolare fin all'arresto del Presidente Mubarak; quindi in Libia, dove il regime del Colonnello Gheddafi fu accusato di usare ogni atrocità contro i suoi oppositori. Anche la Siria si infiammò, nella rivolta contro il Presidente Assad.

Dietro queste rivolte, e soprattutto nel vuoto politico lasciato dai diversi regimi, c'erano interessi internazionali molteplici: in Libia, quelli di Gran Bretagna e Francia, desiderose di ridurre il nostro ruolo nel Paese. La Francia, poi, aveva il dente avvelenato per via del sostegno dato dall'Italia al Presidente Ben Alì: era stato Bettino Craxi a sostenerlo, poi ricambiato nel lunghissimo esilio ad Hammamet.

Di recente, in Libia si confrontano due posizioni: da una parte c'è il Presidente al Serraj basato a Tripoli, invero assai debole sul territorio ma sostenuto ufficialmente dalla comunità internazionale; dall'altra il Generale Haftar basato a Tobruk, che è alla testa di un esercito assai numeroso, per quanto armato in modo sommario, che controlla gran parte della Cirenaica. Quest'ultimo ha il sostegno del confinante Egitto, della Russia e della Francia, che ha interesse ai pozzi petroliferi che si trovano in quella regione.

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