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Quante colombe, ora, a Bruxelles e Francoforte

I soliti picchiatori sono improvvisamente ammutoliti

A Bruxelles, si traccheggia. Eppure, la Commissione era già partita di gran carriera ad inizio primavera per aprire la procedura di infrazione per debito eccessivo nei confronti dell'Italia: doveva essere avviata addirittura prima dello svolgimento delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. L'avevamo scapolata a dicembre, riducendo il deficit del 2019 dal 2,4% al 2,04%, ma con la previsione di un incremento del PIL dell'1%, poi nettamente ridimensionato. Sarebbe dunque tornato al 2,4%, e quindi una manovra correttiva si impone. Il rallentamento dell'economia nel terzo e nel quarto trimestre del 2018 aveva fatto sballare anche il rapporto debito/PIL: invece di diminuire, è aumentato. La procedura da avviare aveva dunque una duplice testata, nucleare: sforamento del rapporto deficit/PIL nel 2019 e del debito/PIL 2018.

Poi, per fortuna, ci hanno ripensato: sarebbe stato un regalone, di quelli veri, a chi stava facendo campagna elettorale stigmatizzando le tante storture europee.

E, così, la lettera ufficiale al Ministro dell'economia Giovanni Tria, con la richiesta di chiarimenti a duplice firma, da parte del Commissario agli affari economici Pierre Moscovici e del Vice Presidente Valdis Dombrovskis, è arrivata solo il 29 maggio, ad urne chiuse: si sottolinea il mancato rispetto nel 2018 delle regole sulla riduzione del debito dettate dal Fiscal Compact.

La risposta ufficiale del governo italiano, dopo una prima missiva interlocutoria del Tesoro che ha mandato in fibrillazione mezzo governo, per via dell'accenno fatto ai possibili risparmi di spesa sulle pensioni a "quota 100" e sul "reddito di cittadinanza", non è ancora partita: bisogna attendere l'assestamento del bilancio, il quadro aggiornato a metà anno che fa il punto della evoluzione complessiva di tutte le entrate e di tutte le spese. Inutile mettere giù numeri a caso.

Nel frattempo, le cose si sono messe male pure per i nostri cugini d'Oltralpe: quest'anno, il rapporto deficit/PIL di Parigi dovrebbe crescere rispetto all'anno scorso, quando fu del 2,5%, sforando con il 3,1% anche il tetto stabilito dal Trattato di Maastricht. Anche il rapporto debito/PIL, nel 2018, non era sceso come previsto. Visto che usare due pesi e due misure non è mai una buona strategia, soprattutto sul piano della comunicazione politica, si è messa la sordina.

Del caso italiano se ne parlerà il 2 luglio, sulla base delle informazioni ufficiali che saranno fornite dal nostro governo. Indiscrezioni di stampa annunciano che la Commissione si limiterà a tenerci il "fiato sul collo", rinviando di sei mesi ogni decisione formale.
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