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Quante colombe, ora, a Bruxelles e Francoforte

I soliti picchiatori sono improvvisamente ammutoliti


Non è solo la vicenda di Parigi che incombe, quanto il complesso di contromisure a raffica sparate da alcuni esponenti della maggioranza: la proposta di emettere i mini-bot, per saldare i debiti arretrati della Pubblica Amministrazione nei confronti delle imprese è stata considerata una scorciatoia per facilitare l'uscita dall'euro. Anche la proposta di legge volta a chiarire oltre ogni dubbio interpretativo che l'oro delle riserve gestite dalla Banca d'Italia è di proprietà dello Stato italiano, ha fatto centro: nessuno si sogni di prenderlo a garanzia dei saldi negativi che risultano nel sistema di Target 2. Insomma, l'Italia non ci sta a fare l'agnello sacrificale.

Anche la affermazione di Mario Draghi, secondo cui i mini-bot o sono moneta o sono debito, e quindi illegali nel primo caso e superflui nel secondo, è sembrata assai remissiva. Nella ipotesi che siano uno strumento di debito monetario, una sorta di credito fiscale senza scadenza verso lo Stato, che è liberamente trasferibile da un soggetto all'altro, ha lasciato aperta la porta alla loro emissione.

Come se non bastasse, a Coimbra, lo stesso Draghi si è mostrato assai pessimista circa la ripresa dell'inflazione, non escludendo una nuova stagione di politiche monetarie accomodanti, con riduzione dei tassi di interesse ed acquisti di titoli sul modello del Qe.

Anche dall'altra parte dell'Oceano, il Presidente della Federal Reserve Jerome Powell, mentre ha confermato che i quattro aumenti dei tassi di interesse non sono stati un errore, e pur smentendo l'intenzione di tagliarli nuovamente nella prossima riunione del FOMC, è molto cauto sulle prospettiva: di aumentarli ancora, come pure di era previsto fino a dicembre scorso, non se ne parla più.

Tutti, a Bruxelles, ora hanno timore di provocare un guaio sui mercati, mettendo l'Italia con le spalle al muro richiedendole comunque una manovra correttiva: sarebbe la strada maestra per una nuova pericolosa recessione, non solo italiana ma europea.

Neppure sui mercati c'è voglia di scommettere contro l'Italia: prova ne sia che dopo le parole di Draghi a Coimbra anche gli spread sul debito pubblico italiano sono scesi.

La verità è che un po' tutti si stanno rendendo conto che la strada intrapresa negli scorsi dieci anni è senza uscita: gli Stati, con la disciplina fiscale cui sono sottoposti, non riescono a svolgere una funzione anticiclica, lasciata solo nelle mani della politica monetaria. Ma questa ha effetto solo sul valore degli asset finanziari, mentre non riesce né ad influire sull'inflazione né sulla ripresa dell'economia reale.

Anche Paolo Savona, ex Ministro per le politiche europee ed ora Presidente della Consob, ha auspicato di recente l'apertura di un dialogo "alto" con l'Europa.

Siamo ad uno snodo, cruciale.

Bisogna costruire strategie nuove.

I soliti picchiatori sono improvvisamente ammutoliti.

Quante colombe, ora, a Bruxelles e Francoforte.
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