Sulla riforma del Fiscal Compact è stata stesa una spessa coltre di nebbia: per i Falchi del Nord, il Trattato va ripristinato così com'è, eventualmente ritoccando solo il ritmo di riduzione del debito, il cui valore massimo verrebbe portato dal 60% al 100% del PIL. In questo modo, mentre si salverebbe la Francia, l'Italia affonderebbe. Ci sono forti dubbi anche sulla possibilità di escludere dal deficit di bilancio le spese per investimenti, anche di quelli finanziati dall'Unione europea con il NGUE per la transizione energetica e quella digitale.
Sulla transizione energetica, nonostante l'accordo sugli obiettivi assai sfidanti che sono stati inseriti nel Piano "
FIT for 55", che
prevede la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 55% rispetto ai livelli del 1990, con l'obbiettivo di arrivare alla "
carbon neutrality" per il 2050, ci sono forte contrasti per via degli enormi aumenti dei prezzi dei prodotti energetici che si stanno registrando a partire dalla scorsa primavera, con conseguenze catastrofiche in termini di inflazione, di costi per le imprese e di compensazioni fiscali per ridurne l'impatto.
C'è poi il
problema delle aste dei diritti di emissione della CO2, introdotto solo nella Unione europea per disincentivare l'uso dei combustibili fossili:
avvantaggia la Francia, che produce elettricità con impianti nucleari, e
danneggia la Polonia che utilizza prevalentemente il carbone. In prospettiva, mentre la Francia chiede che il nucleare sia considerata una fonte green, la Germania vi si oppone con forza, visto che sulla base dell'accordo politico raggiunto già venti anni fa con i Verdi sta addirittura chiudendo anzitempo i suoi impianti nucleari e pagando lauti compensi per le perdite subite dagli investitori.
In queste condizioni, tra gli obiettivi del "
FIT for 55" e le aste del CO2, l'energia sta costando assai di più in Europa che nei Paesi concorrenti.
Tutto fermo: BCE, Fiscal Compact, Transizione energeticaUnione a Forza Zero(Foto: bowie15 | 123RF)
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