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A Tunisi, l'insostenibile solitudine italiana

Paghiamo trent'anni di deriva europea a Nord-Est


I costosissimi sussidi generalizzati che calmierano i prezzi dei principali prodotti alimentari sono indispensabili per evitare che le proteste riesplodano incontrollabili, naturalmente fomentate da chi vuole sbarazzarsi del governo in carica: le "primavere" arabe, basate sul ribellismo e tanto entusiasticamente sostenute dalla Vice Presidente americana Hillary Clinton, hanno creato una faglia di instabilità endemica che può essere controllata solo mettendo mano al portafoglio e tenendo stretto il controllo sociale.

Mentre l'Algeria si affida sempre di più alla Cina come partner industriale, chiedendo addirittura di aderire al Gruppo dei BRICS, l'Egitto ha avuto sempre da Pechino cospicui finanziamenti per realizzare il raddoppio del Canale di Suez, che è servito a rendere più veloci e meno costose le esportazioni cinesi in Europa, e per lo sviluppo di iniziative di sviluppo urbanistico al Cairo.

Della Libia è quasi inutile parlare, visto che il processo di riunificazione sembra destinato a non vedere più la luce, con Russia e Turchia che hanno messo piede a Tobruk ed a Tripoli.

Questo è quanto accade alle sponde meridionali del Mediterraneo, per non parlare della fascia sub-sahariana in cui la presenza militare francese trova sempre maggiori difficoltà di impiego, rimpiazzata nella lotta al terrorismo di matrice islamista dai militari russi inquadrati nella compagnia Wagner.

Quanto è sotto i nostri occhi è il frutto di scelte geopolitiche precise.

Quando cadde il Muro di Berlino e l'URSS collassò, l'Europa fece una scelta precisa: aggregare i Paesi ex-comunisti e dimenticare completamente il Mediterraneo, sacrificando l'Italia.
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