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Tav, l'escamotage giuridico di Conte che mette d'accordo Di Maio e Salvini

Raggiunto accordo con Telt. Al posto dei bandi di gara verranno pubblicati "avis de marchés" revocabili entro sei mesi. Annunciato incontro tra Conte, Juncker e Macron

Economia
Tav, l'escamotage giuridico di Conte che mette d'accordo Di Maio e Salvini
(Teleborsa) - La botte piena e la moglie ubriaca. Quando la situazione sembrava stesse per precipitare, a ridosso della scadenza dei bandi, con un abile gioco di prestigio il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è riuscito a prendere altro tempo sulla Tav rimandando ancora la decisione.



A mettere d'accordo i due vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio, arriva un escamotage giuridico offerto dal diritto privato francese. Si tratta della cosiddetta "clausola della dissolvenza", unico appiglio trovato dal Governo per allungare i tempi e arrivare serenamente a maggio quando, dopo le elezioni europee, si prenderanno le decisioni definitive.

"La via più di buon senso è quella di pubblicare i bandi con la clausola della dissolvenza così come previsto dal diritto francese che consente in qualsiasi momento di poterli revocare", ha spiegato il sottosegretario alle Infrastrutture, Armando Siri.

In pratica i bandi si faranno, ma la procedura si potrà bloccare, presentando i bandi come una tappa non risolutiva. La clausola, contenuta nel nuovo codice unico degli appalti francese, consente, infatti, di dichiarare "senza seguito" una procedura di gara già pubblicata, nel caso in cui, nel frattempo, siano venute meno le volontà politiche di procedere. Un ripensamento che non prevede onori né obblighi per la stazione appaltante, né per gli azionisti, né per gli Stati. Al posto dei bandi di gara veri e propri, partiranno gli avis de marchés: una raccolta di candidature delle aziende interessate a partecipare ai bandi per scavare i primi tre lotti in territorio francese, revocabile entro sei mesi. Lo scontro Lega- Cinque stelle, in sostanza, è solo rinviato dato che, al momento, ognuno ha ottenuto la sua magra consolazione: non si tratta di uno stop ma neanche di un sì definitivo.

Conte ha scritto alla società Telt, incaricata di realizzare l'opera, chiedendo "con effetto immediato" di "astenersi da qualsiasi ulteriore attività che possa produrre ulteriori vincoli giuridici ed economici per lo Stato italiano con riguardo ai bandi di gara". La società dovrà, dunque, limitarsi "esclusivamente a svolgere mere attività preliminari, senza alcun impegno per il nostro Stato". Il premier ha, poi, informato anche il presidente francese, Emmanuel Macron, e il numero uno della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, sul "supplemento di riflessione richiesto per condividere dubbi e criticità nel frattempo emersi sul progetto".

L'obiettivo, spiega il premier, è «ridiscutere integralmente» l'opera in quanto il suo «interesse pubblico non appare affatto scontato». Il punto, confermano il presidente e l'ad di Telt Hubert du Mesnil e Mario Virano, è non perdere 300 milioni di fondi Ue, ma per farlo bisogna "pubblicare gli avis de marches entro la fine di marzo". "In caso contrario – sottolineano, i membri del cda di Telt – si rischia responsabilità per danno erariale". Per far partire i capitolati di gara, tra sei mesi, servirà, poi, l'avallo dei governi.

"Ora viene il difficile – ha affermato Conte – convincere Francia e Commissione Ue delle nostre buone ragioni illustrate dall'analisi costi-benefici, che indica una perdita di 7-8 miliardi per tutti e tre, non solo per l'Italia". Ieri il Premier ha trasmesso la lettera inviata a Telt a Juncker e Macron e chiedendo di incontrarli per avviare un processo decisionale condiviso.



















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