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Deodato Salafia: con la Borsa nuovi artisti e sedi, valutiamo M&A

Finanza, IPO
Deodato Salafia: con la Borsa nuovi artisti e sedi, valutiamo M&A
(Teleborsa) - Utilizzare la tecnologia in modo scientifico per aumentare le vendite, usando l'inbound marketing, l'e-commerce e la SEO per migliorare il posizionamento del brand e scalare il proprio business. Non stiamo parlando di una società tech o di una nuova startup, ma della strategia alla base del successo di Deodato.Gallery, gruppo che opera nel mondo dell'arte contemporanea con un focus principale nel segmento della street art e della pop art. Fondato da Deodato Salafia, il gruppo ha scelto la quotazione su Euronext Growth Milan (EGM), il mercato di Borsa Italiana dedicato alle PMI ad alto potenziale di crescita, per accelerare la sua crescita e ottenere capitali da impiegare nell'apertura di nuove gallerie, nell'attrarre nuovi artisti e in acquisizioni in Italia e all'estero.

Sebbene oggi abbia un giro d'affari milionario, il gruppo è nato da un hobby e dalla passione del suo fondatore per il mondo dell'arte. Deodato Salafia ha iniziato l'attività di compravendita di opere d'arte nei primi anni 2000 come hobby, per arrivare nel 2010 ad aprire la prima galleria d'arte a Milano e nel 2015 a fondare Deodato.Gallery, brand diventato negli anni un punto di riferimento in Italia per l'arte contemporanea.

Laureto in informatica e specializzato in marketing online, Salafia ha fin da subito applicato le sue conoscenze nel mondo dell'arte, storicamente poco aperto alle innovazioni tech nei processi e nelle modalità di vendita. "La chiave è stata usare la tecnologia per guidare il business e i processi - spiega in un'intervista a Teleborsa - Non sono partito con un'idea di business precisa e la tecnologia come mezzo, ma ho usato un'idea debole dove ho messo una tecnologia molto forte, anche perché da informatico avevo passato i 15 anni precedenti a spiegare agli altri come fare business".

Il gruppo conta 14 oggi gallerie distribuite tra Italia, Belgio e Svizzera, nonché una seconda linea di business per il franchising conosciuta con il brand Love Spot Galleries con 2 sedi operative a Stresa e Varese, e ha in programma l'apertura di una galleria d'arte anche negli Stati Uniti d'America (potenzialmente a Miami). Inoltre, nel 2020 ha ulteriormente implementato la propria attività nel mondo dell'arte digitale e della realtà virtuale (VR) mediante la costruzione di un proprio metaverso (Deodato Island), dove è possibile vistare mostre, tenere conferenze, visionare il magazzino e trasmettere NFT.

Il CEO sottolinea che il rapporto tra attività sul web (e-commerce, canali social, posizionamento SEO, campagne ADV, mailing list) e gallerie fisiche è molto forte. "Se chiudessimo il sito internet perderemmo l'80% del fatturato e se chiudessimo le sedi fisiche perderemmo l'80% del fatturato - afferma Salafia - Il concetto di glocal, quindi un brand globale con una presenza locale, si applica su di noi al 100%: le leads arrivano dal web e se chiudessimo questo flusso non potremmo contare solo sulla gente che passa nelle gallerie, ma se fossimo un pure player online ciò non funzionerebbe nel settore dell'arte, perché alle persone piace iniziare il processo valutativo online e concludere l'affare in galleria".

Deodato ha chiuso il primo semestre del 2022 con un valore della produzione pari a 5,8 milioni di euro (7,1 milioni nell'intero 2021), un EBITDA di 1,4 milioni di euro (1,5 milioni nell'intero 2021) e un risultato d'esercizio pari a 957 mila euro (932 mila euro nell'intero 2021). La vendita di opere d'arte di vari artisti internazionali conta per il 93,8% dei ricavi nei primi sei mesi 2022, mentre noleggi, copyright e altre consulenze pesano per il 4,8%. La divisione Technology è ancora marginale con 62 mila euro (1,3% del totale).

Il fondatore è sicuro che questi numeri siano destinati ad aumentare, anche grazie al significativo piano di espansione geografica compreso nel business plan. "In Italia abbiamo ancora tanto da fare, perché non siamo in città come Firenze o Venezia - afferma - Mentre per quanto riguarda le città più piccole bisogna considerare che non è facile entrare: non puoi andare a Prato e Lucca e inserirti nel territorio, e quindi il franchising ci permette di portare a profitto la combinazione di un brand forte come il nostro con qualcuno che vive e conosce il territorio. Per l'estero dipende. Se prendiamo la Francia come esempio, a Parigi vado diretto, a Cannes faccio una valutazione e a Lione va benissimo il franchising, perché sarebbe molto sfidante andare noi direttamente".

L'espiazione oltreconfine non riguarda solo l'Europa. "Nel 2022 abbiamo sviluppato 500 mila euro di business negli Stati Uniti, pur non avendo sedi - dice il CEO - Nel 2023 gireremo l'America facendo le fiere di settore, sperando che venga fuori una location negli Stati Uniti. Poi mi tirano per la giacca per andare in altri paesi, come gli Emirati Arabi, ma non dobbiamo dimenticare che siamo ancora un'azienda da 10 milioni di fatturato e che si muove per lingua. Per noi è inutile aprire una galleria a Madrid o a Miami se non facciamo marketing e siamo presenti su Google in quei paesi, perché la fatica di fare il fatturato sul passante è enorme, anche se apro nella via principale della città".

Per Salafia la quotazione è "un modo per porsi traguardi più importanti" e "una devozione alla trasparenza, tanto più in un settore come il nostro che è visto spesso come opaco", mentre i capitali arrivati dai nuovi investitori "uniti a tecnologia e marketing aprono davvero belle prospettive".

I 2,2 milioni di euro raccolti con l'IPO serviranno per finanziare diverse aree dell'azienda. "Verranno usati innanzitutto nel rafforzare il network degli artisti in esclusiva, perché comunque devi dargli dei minimi garantiti, e per rafforzare il posizionamento in Europa, perché in Italia sentiamo meno la concorrenza - spiega Salafia - Per aprire le nuove sedi non servono tanti capitali, ma sicuramente con più soldi puoi permetterti di rischiare di più e avere la sede più prestigiosa e grande. Inoltre, una parte andrà nella tecnologia, su cui investiamo già tanto".

Riflettendo sul fatto che "aprire paesi esteri non è una passeggiata", il CEO evidenzia che potrà ora offrire le azioni quotate in eventuali operazioni di acquisizione: "Valuteremo l'M&A per delle gallerie all'estero o delle società del Web3".

Il Web3 è un recente sviluppo del concetto di internet, che si basa su decentramento, tecnologie blockchain ed economia basata sui token. Una sua applicazione nel mondo dell'arte ha riguardato i non-fungible token (NFT), la cui bolla è già scoppiata in tandem con il crollo delle criptovalute nella seconda parte del 2022. "Ero molto scettico negli NFT quando c'era l'hype - e infatti ho rinunciato a investirci per salvaguardare il brand - mentre adesso non escludiamo di trovare una opportunità sul Web3. Non per forza deve essere un'acquisizione, potrebbe essere anche una partnership", evidenzia l'imprenditore.

Per quanto riguarda il metaverso, Salafia racconta che il gruppo ha iniziato a investirci nel 2020 ben prima degli annunci di Meta e Mark Zuckerberg, mentre l'anno prima investiva già nell'augmented reality. Su questo fronte, "stiamo facendo una scommessa", perché oggi "gli investimenti sono essenzialmente Ricerca & Sviluppo e non mi aspetto che le persone ci comprino i quadri nel metaverso". Secondo l'esperto, in questo campo si potrebbe replicare quanto successo dopo la bolla delle dot-com, ovvero il fatto che ci sia voluto diverso tempo per far tornare le fiducia nel settore e vedere lo sviluppo di grandi società: "Ci sono voluti 10 anni per ripartire. Col metaverso sarà la stessa cosa, ma in modo più accelerato. Se lì ci sono stati tre anni di hype, adesso è stato solo un anno, se prima ci sono stati 10 anni di buco, oggi saranno 2-3 anni".
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