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Superstizioni

Vendere in maggio. Oppure, meglio ancora, in aprile.

Sessanta primavere, sessanta autunni.L’intervento estivo delle banche centrali, ormai tradizionale, rafforza la stagionalità mettendo in moto, con un certo anticipo rispetto al tradizionale novembre, il grande rialzo invernale.

In questo 2013 non c’è solo la stagionalità a invitare alla prudenza. In Europa la frase di Dijsselbloem su Cipro come modello appare potenzialmente equivalente a quella di Draghi in agosto (con segno ovviamente contrario). L’assenza completa di dibattito teorico e politico sulla strategia europea per la crescita non aiuta certo a dissipare i timori.

Se i mercati, per il momento, hanno messo Dijsselbloem tra parentesi è perché i dati macro americani, cinesi e giapponesi sono stati finora buoni. Succede però che le tre aree stanno rallentando simultaneamente da un mese circa. Solo gli indicatori istantanei hanno registrato finora il rallentamento, ma il flusso di dati mediocri, nelle prossime settimane, si allargherà ai grandi indicatori.

Il positioning carico (si sale da quasi 10 mesi) e il rallentamento ciclico aprono dunque la strada a una fase di correzione che potrà trasformarsi in ribasso vero del 10-15 per cento se l’Europa manderà nuovi segnali di litigiosità o di crisi vera e propria.

Per il momento, tuttavia, siamo propensi a immaginare una flessione più modesta. In Europa l’elefante della crisi gira liberamente nella stanza, ma finché tutti fanno finta di niente anche i mercati possono provare a girarsi dall’altra parte. Quanto all’America, non bisogna trascurare la forza che il settore privato sta continuando a manifestare, una forza non solo ciclica ma sempre più chiaramente strutturale. Se il Pil è mediocre è per la stretta fiscale e per i tagli di spesa pubblica, a medio termine un fattore positivo.

Vendendo qualcosa adesso ci sono buone possibilità di riuscire a ricomprarlo di qui all’estate un 5 per cento più in basso. Ogni bravo rialzista dovrebbe augurarsi una discesa in tempi brevi. L’alternativa, come dice Marc Faber, è il 1987. Un’estate senza correzione e poi, a fine ottobre, un brivido lungo la schiena.

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