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Il lungo addio

La ritirata dei bond è qualcosa di più di un’esercitazione.

La ritirata dei bond è qualcosa di più di un’esercitazione.

Quello delle ultime settimane è stato, per i mercati obbligazionari, il terzo ribasso più duro degli ultimi vent’anni. Il peggiore, durato undici mesi, è stato quello del 1994, seguito da quello del 2003, quando la Fed abbandonò la politica espansiva seguita alla minirecessione del 2001 e all’11 settembre.

Sulle cause del ribasso è in corso un dibattito vivace e interessante. Anatole Kaletsky sostiene che la paura nei mercati non ha nessun senso. La Fed non ha affatto cambiato politica e ha ribadito che il Quantitative easing continuerà in forma flessibile. Sarà cioè ridotto (gradualmente e molto lentamente) se i dati macro, e in particolare quelli sulla disoccupazione, miglioreranno. Sarà invece rafforzato se la crescita perderà slancio. Cose di puro buon senso e per di più già annunciate da tempo.

Quanto alle dichiarazioni di Esther George che tanto hanno allarmato i mercati (il Qe ha i mesi contati), Kaletsky nota ruvidamente che la Fed di Kansas City diretta dalla George conta nel Fomc come la banca centrale di Cipro all’interno del consiglio della Bce e cioè niente. Chi conta sono solo i primi tre, ovvero Bernanke, la sua vice Yellen e Dudley della Fed di New York, nell’ordine colomba in capo, supercolomba e ipercolomba. Kaletsky conclude quindi il suo ragionamento con la previsione di un ritorno dei bond sui massimi di due mesi fa.

(Nella foto in alto: Le stagioni di Claude Monet. La cattedrale di Rouen in pieno sole. 1893.)
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