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Il lungo addio

La ritirata dei bond è qualcosa di più di un’esercitazione.

Kaletsky è ingeneroso e impreciso quando minimizza il peso delle Fed delle regioni centrali degli Stati Uniti. Kansas City è un centro finanziario ovviamente più piccolo di New York, ma rappresenta, insieme a Dallas, Saint Louis e Filadelfia, la posizione repubblicana. Intendiamoci, le Fed regionali non prendono ordini dai partiti e i partiti non si ispirano, nella loro linea di politica economica, alle Fed loro vicine, ma c’è un comune sentire più che evidente. Kaletsky ha comunque ragione nel fare notare che i rapporti di forza, che non sono cambiati negli ultimi tempi, continuano a essere sbilanciati, nel Fomc, a favore delle colombe. Aggiungiamo che, come contrappeso ulteriore ai falchi, c’è una ubercolomba come Evans di Chicago che ipotizza la fine del Qe solo dopo molti mesi di seguito con più di 300mila nuovi posti di lavoro. Una condizione quasi impossibile e un Qe praticamente eterno.

Monet. La cattedrale di Rouen. Armonia in blu e oro. Se Kaletsky rappresenta l’ottimismo che prevaleva nei mercati prima della caduta (economia in accelerazione ma Fed comunque espansiva, il migliore dei mondi possibili), Mohamed El-Erian di Pimco legge la salita dei rendimenti come minore propensione generale al rischio dopo le esagerazioni degli ultimi mesi e propone una riduzione dell’esposizione verso l’azionario e i corporate bond. Dov’è, si chiede, tutta questa crescita in accelerazione di cui si parla? Gli ultimissimi dati macro, in effetti, sembrerebbero dargli ragione.

Ancora più pessimista, Charles Gave parla di uno sforzo reflazionistico da parte delle banche centrali avviato a un clamoroso fallimento e di Treasuries destinati a tornare sui massimi per la peggiore delle ragioni possibili, la deflazione incombente. La continua discesa dell’inflazione, accompagnata dal rialzo dei rendimenti obbligazionari, sta portando i tassi nominali al di sopra del tasso di crescita strutturale delle economie, una configurazione che prelude a uno shock deflazionistico.

A favore della tesi di Gave di una perdita di controllo da parte delle banche centrali si potrebbe citare l’effetto decrescente delle misure espansive. La base monetaria in continuo aumento non produce accelerazione della crescita in America, mentre l’espansione del credito dà risultati sempre più modesti in Cina e negli altri paesi emergenti. Le esitazioni del governo e della banca centrale in Giappone, dal canto loro, stanno già mettendo a rischio alcuni degli effetti positivi che ci si attendeva dall’Abenomics.

(Nella foto: Monet. La cattedrale di Rouen. Armonia in blu e oro. 1894.)
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