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Grecia

Merkel vs Tsipras, storie di gatti e di topi

Europa 1919-1920. Terminata la Grande Guerra, l’Europa continua senza soluzione di continuità la sua guerra civile sull’onda dell’Ottobre russo. Ora il conflitto non è più tra stati ma tra classi. Ci sono meno morti, ma l’atmosfera è per certi versi ancora più incandescente. La borghesia e gli apparati statali hanno infatti attraversato nel secolo precedente molti conflitti tra nazioni riuscendo a sopravvivere e a mantenere il controllo interno anche in caso di sconfitta militare, ma questa volta il rischio è esistenziale. Si tratta di non essere spazzati via per sempre dalla scena.

La Germania e l’Italia sono viste da Mosca come le due aree più promettenti per la rivoluzione. Una ha perso la guerra e l’altra l’ha vinta, ma le accomuna una struttura sociale fragile e instabile. La socialdemocrazia tedesca mantiene però un orientamento riformista, mentre il socialismo italiano, tra mille contraddizioni, sembra conquistato dalla prospettiva rivoluzionaria.

Nel 1919 il Psi è il partito più votato ma resta all’opposizione e si allea sul campo con gli anarchici. L’Italia è travolta da scioperi politici, attraverso i quali, nella tradizione soreliana, si pensa di arrivare al potere. Il governo Nitti cerca all’inizio di rispondere politicamente. Tenta di dividere i socialisti dagli anarchici e di reprimere solo gli scioperi politici, limitandosi a controllare quelli puramente sindacali. L’allargarsi del movimento spaventa però gli industriali, che premono sul governo per un’azione più decisa. Nel marzo del 1920 Nitti fa occupare Torino da 50mila militari, ma la lealtà delle truppe è limitata alla Guardia Regia. Ai primi di giugno i Bersaglieri si rivoltano e l’ammutinamento si allarga ad altri corpi militari in molte regioni del centronord.

Incapace di controllare la situazione, Nitti si dimette. Viene allora richiamato in servizio l’ottantenne Giolitti, abile capitano di lungo corso e uomo per tutte le stagioni. Tutto sembra però precipitare ai primi di settembre, quando le grandi fabbriche vengono occupate dagli operai, che iniziano a gestirle autonomamente e si organizzano militarmente. Gli industriali sono di fatto espropriati e i consigli di fabbrica, ispirati ai soviet, controllano la produzione.
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