Chi ha un minimo di esperienza di montagna sa che quando si esce la mattina per un'escursione è bene portarsi dietro la giacca a vento anche se il cielo è terso e fa caldo. Sopra certe altezze infatti le condizioni del tempo possono cambiare radicalmente all'improvviso, con vento, pioggia, nebbia e freddo che prendono in pochi minuti il posto del sole.
Alle altezze elevate in cui si trovano i mercati azionari, in particolare
in America, le variazioni di umore possono essere altrettanto veloci e le correzioni possono essere profonde.
Il
Trump rally ha avuto e ha alcune premesse di base. La prima è che Trump resti presidente. La seconda è che riesca a realizzare le riforme promesse, in particolare la
deregulation e l'
abbassamento delle imposte sulle imprese.
Fino a una settimana fa il mercato, al contrario dei media e di una parte degli opinionisti, non ha manifestato dubbi né sulla prima né sulla seconda premessa. Il Trump rally è stato corroso ai margini e abbiamo così visto il ridimensionamento del dollaro e l'ottima tenuta dei Treasuries lunghi nonostante il rialzo dei tassi anticipato a marzo. Il nocciolo duro del Trump trade, il rialzo della borsa, ha però resistito, sempre fino a una settimana fa, a ogni tipo di attacco e si è mostrato inossidabile.
Poi, nel giro di pochi giorni, Trump è apparso indebolito su vari fronti. È sembrato incapace di rispondere adeguatamente al poderoso attacco democratico (
Russiagate e
ostruzionismo senza precedenti sulle nomine) che mira in prospettiva al bersaglio grosso dell'impeachment. È sembrato un tattico poco accorto nell'avere dato priorità nei tempi alla riforma sanitaria, che interessa molto all'opinione pubblica ma poco ai mercati, per i quali è solo un pericoloso contrattempo che sposta in avanti i tempi dell'abbassamento delle tasse. E infine è sembrato incapace di compiere il miracolo di tenere unito il suo stesso partito e di fargli digerire la riforma sanitaria.
(Nell'immagine: Kandinsky. Durezza morbida. 1927)