Ma questo nulla, tranquillizzante da una parte, dovrebbe preoccupare dall'altra. Le due vicende sono saghe secolari e il fatto di avere sdrammatizzato delle scadenza artificiali non impedisce il rilascio lento di tossine nei prossimi anni e forse decenni.
Guardiamo all'America.
Molti, in Europa, sono convinti che il protezionismo sia un'idea fissa di un Trump populista e regressivo. Ancora poco più di un anno di pazienza e alla Casa Bianca si insedierà un democratico che spazzerà via il ciarpame trumpiano e riaprirà le frontiere agli scambi. Peccato che il
Nafta 2, il trattato con Canada e Messico che restringe la libera circolazione delle merci in Nordamerica prevista dal trattato originario, sia bloccato in Congresso e rischi di saltare perché i democratici lo ritengono non troppo protezionista ma troppo poco.
E peccato che la stessa sorte attenda il
Memorandum of Understanding che verrà firmato (se e quando) tra Stati Uniti e Cina. Tra i motivi per cui si sta andando a rilento nonostante la voglia di Trump di portare a casa qualcosa e dichiararsi vincitore c'è che il fatto che i democratici lo accuserebbero di avere svenduto l'America in caso di accordo annacquato.
Quanto a Brexit,
è una pia illusione pensare che l'Europa non continuerà a boicottare per anni il Regno Unito (e ad alimentarne il risentimento antieuropeo) anche dopo un qualsiasi accordo o non accordo. Anche un accordo equilibrato richiederebbe un lungo rodaggio e il contenzioso sarebbe senza fine.
Gli accordi commerciali richiedono decenni quando c'è buona volontà da tutte le parti. Se ci sono ambizioni di primato (Cina) paure esistenziali (America) o risentimenti di ogni genere (Brexit) i tempi si allungano ulteriormente.
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