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Sette giorni in maggio

Perché è possibile essere ottimisti


Una Fed che taglia i tassi senza mostrare troppo affanno, paura o ostilità sarà un forte sostegno per i mercati di qui a fine anno. Lo stesso discorso vale naturalmente anche per le altre banche centrali, tra cui la Bce. Il fatto che questo sostegno sia già nei prezzi non gli impedirà di agire.

Altre due considerazioni rendono se non altro possibile guardare ai prossimi mesi in modo costruttivo.

La prima è su Brexit. La mossa di Johnson di sospendere l'attività del parlamento per qualche settimana può essere ovviamente discussa sul piano dell'opportunità, ma facilita un accordo all'ultimo minuto con Bruxelles che eviti una rottura traumatica. La Commissione europea aveva infatti sperato fino all'ultimo in una iniziativa parlamentare contro il no deal. Ora che questo è ormai praticamente impossibile, si riapre lo spazio per un negoziato vero e per un compromesso, che leverebbe un grosso ostacolo sul cammino dei mercati.

L'altra considerazione è sulla guerra commerciale. Siamo di nuovo entrati, probabilmente, in una fase di tregua. Ancora più importante, si stanno calcolando i danni che la guerra ha provocato finora e si sta scoprendo che sono molto meno gravi di quanto si poteva immaginare. A fine anno i dazi medi americani sui prodotti cinesi importati saranno del 24 per cento, esattamente come i dazi cinesi sui prodotti americani. Dazi alti? Forse, ma molto più bassi di quelli in uso nei decenni passati tra Asia e paesi occidentali. Come poi nota Jawad Mian, l'interscambio tra America e Cina è solo il 3 per cento di quello globale, che ha comunque continuato a crescere del 3 per cento nel 2018 e del 2.3 quest'anno.

Intanto la dipendenza della Cina dalle esportazioni (a differenza dell'Europa) continua a calare. L'export cinese era il 35 per cento del Pil nel 2006 ed è oggi del 18 e viene riorientato velocemente, come sbocco, dagli Stati Uniti al resto del mondo, al punto che la crescita di quest'ultimo ha più che compensato la contrazione delle esportazioni verso l'America.

C'è poi un altro fattore importante. Si continua a parlare di un mondo a corto di dollari e del rischio che questo soffochi scambi e crescita, soprattutto se Trump riuscirà davvero a ridurre il disavanzo commerciale americano. A guardare i numeri, tuttavia, si vede che il disavanzo commerciale americano è quest'anno dell'8 per cento più alto. È evidente che il differenziale di crescita tra gli Stati Uniti e gli altri paesi comporta una forte propensione a importare dal resto del mondo e, di conseguenza, a reflazionarlo.

In conclusione, se da una parte ci avviciniamo alla stagione autunnale delle grandi correzioni (se non dei crash), possiamo non irragionevolmente supporre che queste correzioni non saranno praticamente profonde, anche perché il mercato non appare, nella sua parte speculativa, sbilanciato in senso rialzista. Su queste correzioni, se ci saranno, si potrà comprare qualcosa. Il tempo passa e ci avviciniamo a tempi più difficili, ma siamo ancora in tempo per vedere un altro ritorno verso i massimi nei prossimi mesi.

(Foto: Stefan Fussan)
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