Ma è sulla
qualità che le cose si fanno interessanti.
L'Europa ha scelto di congelare grandi imprese e forza lavoro, garantendo di fatto lo stesso posto di lavoro nella stessa impresa in cui si lavorava prima della crisi. Macron si è spinto a dire che nessuna impresa francese uscirà di scena e che nel caso ci sarà nazionalizzazione, non chiusura.
L'America ha dato invece libertà alle imprese di licenziare (provvedendo l'Unione a garantire ai disoccupati un reddito, talvolta superiore a quello precedente) o di conservare la forza lavoro e ricevere un aiuto pubblico di importo leggermente superiore. Moltissime imprese hanno preferito licenziare, al punto che i disoccupati hanno superato i 33 milioni e stanno rapidamente aumentando.
È probabile che
la scelta americana provocherà un aumento della produttività (tipico dopo ogni recessione) che la scelta europea non potrà garantire. Molte imprese americane riassumeranno infatti meno dipendenti di quelli che hanno licenziato e ne approfitteranno per riorganizzarsi. D'altra parte i settori resi obsoleti dalla crisi verranno drasticamente ridimensionati e le persone che vi lavoravano si dovranno orientare verso i nuovi settori che potranno così assumere disoccupati senza fare leva sulla retribuzione. Chiaramente
ci sono pro e contro nel modello americano e in quello europeo, ma sul lungo termine è chiaro quale dei due potrà funzionare meglio. La rigidità del modello europeo è d'altra parte evidente nello spirito da Gosplan con cui i pianificatori europei stanno progettando il Recovery Fund, che avrà come primo obiettivo il Green Deal sulla decarbonizzazione. Obiettivo nobile, ma non molto pragmatico in un momento in cui il petrolio è a 20 dollari e resterà basso ancora qualche anno.
La rigidità è del resto uno dei tratti più evidenti della sentenza della Corte costituzionale tedesca sul Qe europeo. La cultura giuridica tedesca è di altissimo livello, ma è anche testualista e, si direbbe in America, originalista. La cultura giuridica della tecnocrazia europea è invece quella del diritto che si evolve continuamente e forza la norma anche per vie traverse verso un'integrazione crescente, secondo lo spirito di Monnet e, prima ancora, di Kojève.
Il
Qe pandemico della Bce (Pepp) è stato presentato dalla Lagarde come un'evoluzione rispetto al Qe classico perché non ne rispetta alcuni limiti (rating, massimo per emissione, capital key), ma se nemmeno il Qe classico rispettava secondo la corte tedesca i limiti imposti dallo statuto della Bce, possiamo ben immaginare che il Qe pandemico verrà a maggior ragione respinto quando verrà preso in esame nei prossimi anni.
Il conflitto tra la Germania e la Francia, la quale sta spingendo la Bce a ignorare la sentenza e a proseguire sulla sua strada, verrà probabilmente risolto con un compromesso. La Bce continuerà a fare Qe, sempre più necessario alla Francia ma utile anche alla Germania che vuole un euro debole, ma i paesi più in difficoltà verranno progressivamente dirottati verso il Mes, saldamente controllato dalla Germania e dotato di quella discrezionalità politica che la Bce stava provando a darsi. Se sarà così, il direttorio franco-tedesco sarà salvo, ma l'Unione sarà ancora meno omogenea.
Tirando le somme,
le divergenze tra i modelli americano ed europeo continueranno a crescere durante e dopo la crisi almeno fino alle presidenziali, il dollaro continuerà a essere forte (anche se l'America manterrà una politica molto più espansiva) e la borsa americana continuerà a essere preferibile, anche perché ben fornita di comparti di crescita come la tecnologia.
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