Utili ancora buoni, anche se meno brillanti rispetto ai trimestri precedenti, ma
guidance prudente e tendenzialmente negativa sul 2023. Questo è il quadro in chiaroscuro che sta emergendo dai bilanci che le società in giro per il mondo stanno comunicando in questi giorni e che terranno impegnati i mercati fino a metà febbraio.
A che cosa dare più peso, ai resoconti positivi o alla guidance negativa? I resoconti si avvicinano alla realtà fattuale (non diciamo che sono completamente fattuali perché nei bilanci c'è sempre un elemento discrezionale) ma si riferiscono a un passato che, soprattutto nei momenti di svolta del ciclo economico, può apparire ai mercati distante e superato.
La guidance, dal canto suo, guarda al futuro (che per i mercati conta più del passato e del presente) ma dispone di pochi dati oggettivi (in particolare i piani industriali aziendali e gli ordinativi, che possono comunque sempre essere annullati o modificati dai clienti strada facendo) e fa invece uso di molta soggettività. L'elemento soggettivo ha una dose di conformismo perché attinge molto allo spirito del tempo. Se questo è orientato verso un rallentamento o una recessione, come ora, i manager cercheranno di apparire prudenti per evitare di apparire fuori sincrono. Se il consenso va invece nella direzione della crescita e il mercato è orientato al rialzo, i manager cercheranno di distribuire ottimismo per apparire vincenti e fare salire il valore dell'azione della loro società, sulla base del quale sono spesso remunerati.
Giustamente,
i mercati sembrano in questi giorni attribuire pari valore al passato positivo e al futuro negativo prospettato dai manager. Se c'è voglia di sbilanciarsi, questa è comunque più al rialzo che al ribasso perché tanto i resoconti quanto la guidance sono comunque leggermente migliori delle attese e dei timori della vigilia.
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