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Attenzione alla complacency

Molta voglia di girare pagina, ma la strada è ancora lunga


Questa sensazione di sollievo (stiamo ancora in piedi, dopo tutto) è una caratteristica che si è periodicamente manifestata negli ultimi dieci mesi ed è dovuta a un altro tipo di guidance, quella della Fed, che ha cercato costantemente di gelare i mercati ostentando indifferenza rispetto a una possibilità di recessione. La Fed, che questa volta è stata molto abile nella gestione delle aspettative, ha volutamente calcato la mano sulla sua guidance negativa stando comunque attenta a non esagerare, nella sua azione concreta, nel produrre un impatto troppo pesante. Dopotutto, come ha notato Bullard, stiamo solo adesso avvicinandoci a una politica monetaria restrittiva. Finora, infatti, la Fed si è semplicemente riportata su un livello neutrale, dopo avere continuato a essere di fatto espansiva almeno fino alla metà del 2022.

Questo sfasamento tra retorica e fatti rischia però, adesso che il mercato ha mangiato la foglia, di produrre da qui in avanti un effetto di complacency proprio quando la politica monetaria si avvia sul serio ad essere restrittiva. Ecco allora che tutti continuiamo a rendere un omaggio rituale alla possibilità di una recessione (peraltro moderata) ma in cuor nostro si fa sempre più strada l'idea che ce la caveremo con il migliore dei mondi possibili, ovvero con un'inflazione che esce di scena senza bisogno di recessione e con margini di profitto che tengono nonostante la disinflazione tolga pricing power alle società.

Non è, beninteso, uno scenario impossibile, ma scontare un 2023 che, oltre a mettere da parte gli affanni del 2022, offre già di suo una piacevole anticipazione della ripresa del 2024 presta il fianco a qualche possibile delusione.

In primo luogo, non è detto che l'inflazione scenda in modo immacolato al due per cento anche nei servizi e che rimanga perfettamente ferma nelle materie prime, dove in effetti ci sono segnali di riaccelerazione.

In secondo luogo, appare molto ottimistico pensare che le banche centrali abbasseranno i tassi già nella seconda parte di quest'anno, soprattutto se si crede che riusciremo a evitare la recessione. Delle due l'una. O avremo recessione e allora la Fed prenderà in considerazione i tagli (e non è nemmeno garantito che li faccia) o l'economia continuerà ad avere segno positivo e allora non c'è proprio ragione per pensare a tagli così presto.
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