In terzo luogo, non si può fare finta di dimenticare che gli effetti della politica monetaria si manifestano con ritardo. Sulla durata di questo ritardo è in corso una discussione vivace anche in seno alle banche centrali, ma l'impatto negativo, quale che sia, deve ancora manifestarsi nella sua pienezza, tantopiù che i tassi di policy stanno ancora aumentando.
In quarto luogo, non è che i livelli di valutazione lascino tutto questo spazio a un rialzo dei corsi se i tassi non scendono e se i profitti non salgono. Certo, ci sono ancora alcune opportunità in Europa, ma molto meno in America.
Insomma, è come nei court movies americani, quando il giudice chiama la difesa a conferire e spiega che questa non può sostenere al tempo stesso che l'imputato era da un'altra parte al momento del delitto e che in ogni caso era sotto effetto di sostanze psicotrope e che comunque il delitto era preterintenzionale.
In pratica,
il rischio che si profila è quello che i mercati continuino a salire sull'onda delle sorprese positive che abbiamo avuto (inflazione, Cina, recessione evitata in Europa) ma che poi, più avanti nell'anno,
si trovino a dovere fare i conti con una discesa degli utili o, in alternativa, con una mancata discesa dei tassi.
Per questa ragione ribadiamo che, se non si hanno intenti speculativi di breve respiro, continua a essere meglio distribuire gli acquisti lungo tutto il 2023 piuttosto che lasciarsi troppo tentare dall'inseguimento di un rialzo prematuro. L'invito alla pazienza non è però da estendere ai bond, che possono e devono essere acquistati subito anche per la riacquistata funzione di copertura rispetto al rischio di una recessione. La strategia risk parity, che mantiene in portafoglio bond e azioni contando sul loro essere inversamente correlati, ha clamorosamente fallito l'anno scorso, ma può tornare a essere molto utile quest'anno.
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