Dazi americani, per evitare la fine del dollar standard La elezione di Donald Trump alla Presidenza americana pone fine alla illusione, durata oltre 40 anni, che sia possibile riequilibrare i rapporti commerciali, produttivi ed economici degli Usa con il resto del mondo usando la leva del cambio.
In effetti, anche nel 1985, con il Plaza Accord, ci fu un riequilibrio tra gli Usa da una parte e gli altri membri del G5, Inghilterra, Francia, Germania e Giappone, affinché accettassero una svalutazione del dollaro ed una contestuale rivalutazione delle loro valute, una manovra “a metà strada”, per ridurre il loro saldo commerciale attivo verso gli Usa. Era accaduto, infatti, che la Fed avesse aumentato di molto i tassi di interesse per combattere la stagflazione: ma questo aveva portato una enorme quantità di capitali stranieri sul dollaro facendolo rivalutare, e di conseguenza facendo incrementare le importazioni americane.
E' inutile dire che anche in quella occasione, nel 1985, la posizione americana fu durissima verso i suoi partner del G5: “Il dollaro è la nostra moneta, ma un vostro problema”, ebbe ad affermare sarcasticamente il Segretario al tesoro americano dell'epoca.
Oggi, con Trump, la situazione è differente, perché non può costringere né la Cina né la Germania a rivalutare. Da una parte, l'attivo commerciale cinese si è nel complesso ridotto, mentre l'attivo con gli Usa continua a crescere; dall'altra, la Germania utilizza l'euro come un marco svalutato.
Una svalutazione del dollaro rispetto all'euro sarebbe poco plausibile, visto che già i tassi di interesse americani sono molto più elevati di quelli europei e la politica monetaria americana è più restrittiva di quella della BCE. Una svalutazione del dollaro rispetto al remninbi danneggerebbe tutte le economia che forniscono materie prime alla Cina, che ha enormi riserve in dollari e che comprerebbe merci all'estero con una moneta svalutata.
Wall Street, come sempre, reclama un dollaro forte, mentre gli agricoltori e gli industriali americani lo vorrebbero debole, per vendere meglio all'estero ed arginare le importazioni. Come negli anni Trenta, la soluzione americana ritorna quella dei dazi e del controllo delle importazioni.
Si aggiungono ora gli effetti della riforma fiscale, che dovrebbe garantire una maggiore capacità di spesa alle famiglie americane e minori tasse anche per le imprese. Sarebbe una beffa, per Trump, che questo maggior disavanzo federale venisse utilizzato per aumentare le importazioni dall'estero.
Le variazioni del valore internazionale del dollaro non riescono più a compensare gli squilibri commerciali americani e gli interessi finanziari di Wall Street. Il mercantilismo cinese e tedesco ha portato al limite massimo di resistenza l'economia americana.
Dazi americani, per salvare il Dollar Standard.
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