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Stati contro mercanti

Mandati via subito dai mercanti, oppure a maggio dagli elettori?

Non c'è molto di cui preoccuparsi, dopo la decisione del governo gialloverde di aggiornare il Def 2018 prevedendo un deficit del 2,4% del Pil nei prossimi tre anni.

Sale lo spread, cala la Borsa? Tutto ovvio, prevedibile, scontato.

Cominciamo col fare due conti: l'obiettivo del governo Gentiloni, contenuto nel Def a legislazione vigente approvato ad aprile scorso prima delle elezioni, prevedeva un deficit dell'1,6% nel 2018, dello 0,8% nel 2019, dello 0% nel 2020 ed un avanzo dello 0,2% nel 2021. La differenza è quindi dello 0,6% nel 2019, del 2,4% nel 2020, e del 2,6% nel 2021.

Vediamo di quanti soldi si tratta, visto che 1 punto di Pil vale circa 15 miliardi di euro. Sono 9 miliardi di deficit in più nel 2019, 36 miliardi nel 2020 e 39 miliardi nel 2021, per un totale di 84 miliardi. Una cifra non lontana dai 70 miliardi di euro pagati complessivamente dall'Italia per finanziare l'Esm ed un prestito bilaterale alla Grecia.

Insomma, spenderemmo in tre anni per l'economia italiana più o meno quello che abbiamo già pagato, indebitandoci negli anni scorsi, per salvare le banche francesi e tedesche che avevano prestato i loro fondi a Grecia e Spagna.

Non è assolutamente una decisione improvvisata, anche se si muove in netto contrasto con le regole del Fiscal Compact. Che il Commissario europeo Moscovici affermi che non siamo in regola, e che sui mercati salga lo spread oltre quota 260 punti base e che cadano i titoli in Borsa del 2% era scontato.

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