Ma, ancora più importante, è la sfida posta dalla
competizione globale. Di seguito, sono indicati in ordine logico e cronologico i passaggi cruciali avvenuti negli ultimi decenni.
- La competizione su base capitalistica ha portato alla erosione dei profitti: per recuperarli, si è deciso di abbattere il costo del lavoro interno o delocalizzando.
- Sono prevalse le logiche mercantilistiche: la crescita e la produzione sono guidate dalle esportazioni , e queste dai minori prezzi, cioè dai minori costi del lavoro e del denaro.
- La minore domanda interna ha ridotto i consumi, gli investimenti e dunque i ritmi di crescita.
- A questa dinamica riflessiva occorreva porre rimedio, per sostenere la produzione: i minori redditi delle famiglie e degli Stati, per mantenere così inalterati i consumi, sono stati integrati dai debiti privati e pubblici.
- Il costo degli interessi su questi costituiva il nuovo provento finanziario, che andava ad integrare i più limitati profitti industriali derivanti dalla competizione internazionale indotta dalla globalizzazione dei mercati.
- Ma la crescita continua dei debiti pubblici e privati volti a sostenere la domanda interna ed internazionale non era strutturalmente sostenibile e portava alla destabilizzazione, con default e crisi cicliche finanziarie ed economiche.
- Per contrastare le crisi finanziarie ricorrenti, le Banche centrali hanno fin qui proceduto ad immettere sul mercato finanziario immense quantità di denaro, innanzitutto per far ripartire le Borse.
- Ma la "repressione finanziaria" che ne è derivata, e che consiste nella riduzione fino all'annullamento degli interessi sui debiti pubblici e privati, ha fatto saltare il processo di accumulazione del capitale finanziario. Da anni, gli investitori pagano, e non incassano, per avere in mano dei safe asset.
Non si può più tornare indietro:
non esistono le condizioni economiche e finanziarie per "riportare" le fabbriche dalla Cina agli Usa. Così, allo stesso modo, è impossibile reindustrializzare l'Italia dopo le delocalizzazioni effettuate nei Paesi dell'Est europeo o altrove.
Ecco perché
all'Occidente occorre un nuovo sistema economico, basato sul vincolo della sostenibilità ambientale.
Servono investimenti colossali, la sostituzione delle filiere energetiche e produttive e dei modelli di consumo. Si recupera così, con nuovi immensi debiti "buoni", contratti dagli Stati, dalle industrie e dai privati, un sistema di produzione e di consumo che assicurerebbe nuovi profitti, nuove rendite e nuove plusvalenze.
"