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In Cina, al contrario...

Bassa inflazione, cambio stabile, import in flessione ed espansione monetaria

C'era chi aveva scommesso, una ventina di anni fa, quando la Cina fu ammessa al WTO sia pure con i vantaggi derivanti dalla qualifica di "Paese in via di sviluppo", che lo sviluppo caotico derivante dall'apertura al commercio mondiale e la gigantesca mole di investimenti industriali avrebbero destabilizzato il Paese, con la perdita di controllo degli aggregati monetari e finanziari.

L'inflazione elevatissima che ne sarebbe conseguita ed i conti bancari in disordine per via dei crediti irrecuperabili a causa dei default delle imprese, messe in ginocchio dai tassi di interesse alle stelle per contrastare l'aumento dei prezzi avrebbero fatto collassare il regime comunista: chissà se erano previsioni fondate su calcoli razionali, o se si trattava delle mai celate speranze che, alla fine, il mercato avrebbe messo al tappeto chi pensa di poterne dominare le dinamiche.

Fatto sta che la Cina non solo ha superato a pienissimi voti il lungo rodaggio di questi anni, ma che ora ha risultati assai migliori rispetto a quelli dei Paesi occidentali.

In primo luogo, in questo ultimo anno non ha svalutato lo Yuan a differenza di quanto è accaduto per quasi tutte le altre valute, come l'euro che ha perso il venti per cento di valore sul dollaro. Non c'è stata la temuta fuga di capitali che pure era temuta e che si era verificata in anni precedenti: questo perché l'elevata inflazione americana ha comunque penalizzato in termini reali gli interessi pagati sui bond emessi in dollari.

La assai più bassa inflazione cinese, scesa al 2,5% in ragione d'anno ad agosto rispetto al 2,7% di luglio, e le peggiori performance tendenziali dell'economia americana rispetto a quella cinese che comunque è accreditata di un +2,5%, sono un motivo più che sufficiente per tenere in capitali in Cina.
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