(Teleborsa) - Non c'è tre senza quattro. La premier britannica
Theresa May non si arrende e si aggrappa alla speranza che il Parlamento possa
approvare un accordo di uscita dall'Ue
al quarto voto. Una speranza che secondo i media britannici sarebbe stata alimentata dalla riduzione dello scarto dei voti contrari, scesi a 58 nella votazione di ieri dai 203 di gennaio. Un segnale che viene giudicato confortante.
La numero uno del governo britannico, dunque, non sembra affatto disposta a cedere alle pressioni delle opposizioni e neanche a dimettersi, come aveva preannunciato alla vigilia del terzo voto. Piuttosto la May sta ora
lavorando per trovare consensi al suo accordo o quantomeno far votare un piano B.
Data cruciale dunque quella di
lunedì 1 aprile quando il
Parlamento britannico si riunirà nuovamente per votare le indicazioni che emergeranno su un
ipotetico piano B. A questo punto Theresa May potrebbe decidere di calendarizzare un
quarto voto in settimana che potrebbe essere l'ultimo, in vista della stringente
scadenza del 12 aprile cui è stata prorogata la Brexit, rispetto alla data originaria del 29 marzo fissata dall'articolo 50 del Trattato Ue.
Una cosa è certa, è ormai
esclusa una proroga più lunga e la partecipazione della Gran Bretagna alle elezioni europee del 22 maggio, ipotesi bocciata, ieri 29 marzo 2019, dall'aula del Parlamento britannico. Restano invece
in piedi tutte le altre ipotesi: il
no Deal, ovvero l'uscita con uno strappo e senza alcun accordo commerciale definito con l'Ue; una
soft Brexit, cioè un'uscita dall'Unione Europea sul modello della Norvegia, con accordi privilegiati verso l'Ue e la permanenza nell'Unione Doganale (ipotesi appoggiata dal leader laburista Jeremy Corbyn); un nuovo
referendum che rimetterebbe in discussione la scelta di uscire dall'Ue;
elezioni anticipate in Gran Bretagna a seguito delle dimissioni della Premier May. Tutte ipotesi ancora percorribili e con un unico limite, la scadenza imminente del 12 aprile.