(Teleborsa) - Il
31 gennaio, data indicata per
attuare la Brexit sembra ancora lontano, ma in realtà è proprio dietro l'angolo e
resta ben poco tempo per negoziare un accordo commerciale soddisfacente. Lo afferma Confagricoltura, secondo cui
resta alto il rischio di frontiere tra UE e Regno Unito per l’agroalimentare Made in Italy.
L’esito, peraltro scontato, delle votazioni alla Camera dei Comuni sull'accordo di recesso del Regno Unito dalla UE - ricorda l'organizzazione rappresentativa del settore agricolo -"blocca per legge la proroga del
periodo transitorio" post Brexit, che
"scadrà alla fine dell’anno venturo".
“E’ troppo breve il tempo a disposizione per negoziare un accordo commerciale ampio e approfondito", commenta il presidente di Confagricoltura,
Massimiliano Giansanti, ricordando che, ad esempio, l’intesa con il Canada ha richiesto sette anni di trattative e che ll negoziato più breve, quello con la Corea del Sud, è durato oltre due anni.
"Senza un accordo alla fine del periodo transitorio – prosegue il presidente di Confagricoltura - ci troveremmo alla fine dell’anno venturo nella situazione peggiore che finora è stata evitata, con il
ritorno delle frontiere tra UE e Regno Unito e il ripristino di dazi e controlli sulle merci. In pratica una
hard Brexit a scoppio ritardato. E’ un rischio concreto, denunciato nei giorni scorsi in prima persona dalla presidente della Commissione europea”.
Non c’è solo il problema dei dazi e dei controlli. Nell'accordo, infatti, devono essere regolate anche una serie di questioni che sono fondamentali per il consolidamento dell’attuale livello degli scambi commerciali. A partire dal
riconoscimento delle indicazioni geografiche protette che, senza intesa, non sarebbe più garantito sul mercato britannico. A tutto vantaggio delle
imitazioni e delle
contraffazioni delle nostre specialità.
Il
Regno Unito è importatore netto di prodotti
agroalimentari dalla UE per un volore di circa
40 miliardi di euro l’anno.
L’export italiano di settore ha raggiunto i
3,4 miliardi di euro nel 2018, di cui il 30% assicurato da prodotti a indicazione geografica protetta, con il
Regno Unito è il quarto mercato di sbocco per le produzioni agroalimentari italiane, dopo Germania, Francia e Stati Uniti. Vino e mosti e prodotti ortofrutticoli incidono per il 45% sul totale delle esportazioni destinate al mercato britannico.