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Ventimila leghe sotto i mari (2)

Gli idrati di metano, molto più dello shale gas

Nemo ci indica l’oblò. Vedete le bolle che salgono verso la superficie? È metano. Tutto il mare di Kara galleggia su un oceano di metano imprigionato nel ghiaccio. È la più grande formazione fossile del pianeta e fa scomparire, al confronto, il petrolio del golfo Persico. Le stime sugli idrati di metano del resto, vanno da due a dieci volte l’insieme globale dei fossili tradizionali (carbone, petrolio, gas). La Russia sta seduta su una ricchezza che fa girare la testa.

C’è però un problema, dice Nemo. Alla fine del Permiano, 250 milioni di anni fa, un asteroide, si presume, colpì la Siberia centrale. La crosta terrestre di tutta la zona ne fu sconvolta e si liquefece per larghi tratti. Per un lungo periodo la Siberia centrale divenne l’epicentro di un’attività vulcanica straordinaria. La lava si riversò nell’Artico e il calore sciolse i ghiacci, liberando il metano che già allora vi era imprigionato. Il metano crea un effetto serra molto più pericoloso di quello dell’anidride carbonica che pure tanto ci preoccupa. Il risultato fu l’innalzamento della temperatura di 6 gradi e l’estinzione del 90 per cento delle specie viventi.

Siberia bollente, fine del Permiano, 250 milioni di anni faChino sul monitor, Nemo richiama da YouTube una serie di filmati dedicati al metano artico. Alcuni di questi iniziano con una specie di disclaimer. Se siete inclini alla depressione, dicono, non proseguite nella visione. Ovviamente noi proseguiamo con ancora maggiore interesse.

In pratica, ci spiegano, è già troppo tardi. Il riscaldamento globale sta già accelerando lo scioglimento dei ghiacci e sempre più metano sta salendo in superficie. Più metano viene liberato nell’atmosfera, più questa si scalda. Più si scalda e più si sciolgono i ghiacci, liberando altro metano. Un circolo vizioso. Seguono i calcoli sul tempo, poco, che ci resta prima dell’estinzione.

Il Nautilus costeggia veloce le coste della Rodina, la grande e sacra madrepatria russa, supera lo stretto di Bering e riemerge nel mare del Giappone. Nemo ci indica flottiglie di ricercatori giapponesi e coreani che, con l’aiuto di qualche scienziato tedesco, stanno studiando i fondali. Sembra un film di James Bond. In realtà stanno raccogliendo dati sugli idrati di metano.
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