Tornando a noi, questo piccolo tentativo di fantastoria, oltre che un omaggio al lavoro degli storici e degli archeologi chiamati a cucire
eroicamente dati sporadici in narrazioni dotate di senso, ci ricorda con quanta umiltà si debbano provare a spiegare e razionalizzare i movimenti di borsa.
L’umiltà è del resto la nota di fondo di questa fase. È una fase in cui l’avanzo delle partite correnti europee (enorme e in crescita) e la parità di potere d’acquisto tra
euro e dollaro (tra 1.15 e 1.25) sfumano nel silenzio collettivo, travolti dal rombo assordante delle transumanze di immense mandrie di bisonti nella prateria (i flussi). Formule e teorie si inchinano, par di capire, alle forze della natura.
In realtà, lo sappiamo, le forze della natura sono (almeno fino a questo momento) evocate e indirizzate dai policymaker.
Come l’Abe delle tre frecce, la Bce, mossa in fondo dalla stessa disperazione, vuole stupire, lasciare tutti a bocca aperta e convincere il mondo che questa volta si volta pagina e si fa sul serio. Raggiungere la parità col dollaro, andarci sotto, stampare moneta per portare a rendimento negativo i governativi di mezza Europa, dimostrare che i
bond portoghesi possono rendere la metà di quelli americani, tutto è parte di una grandiosa rappresentazione con gli effetti speciali del teatro di corte barocco, quello in cui anche il re e la regina portano la mano alla bocca e dicono Oooh.
In questo contesto non ha molto senso sottilizzare sui fondamentali o aspettare correzioni sulle borse europee o sul dollaro per entrare. Nella pienezza dei tempi ogni eccesso verrà corretto ma ora qualsiasi esitazione o ritracciamento toglierebbe pathos alla narrazione e spezzerebbe la sospensione dell’incredulità, che è invece così essenziale per appassionare un pubblico, come quello europeo, temprato nello scetticismo da sette anni di stagnazione o decrescita.
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