Il 6 maggio 2015
Janet Yellen, affiancata da Christine Lagarde che annuiva vistosamente,
disse che il mercato azionario era piuttosto caro. Per farsi capire meglio aggiunse, con la
Lagarde ancora più d'accordo, che i rendimenti dei bond erano molto bassi, al punto che un rimbalzo improvviso da un momento all'altro non era affatto da escludere. Dopo sei anni in cui la Fed non aveva mai mancato un'occasione per incoraggiare gli investitori a comprare borsa e bond,
il discorso del 6 maggio fu una doccia gelata in piena regola. I mercati ci misero un po' di tempo a mettersi in riga, ma smisero fin da subito di spingere verso l'alto le azioni e i corsi delle obbligazioni. Le azioni non toccarono mai più i livelli della tarda primavera 2015 e i corsi dei bond in dollari, sia governativi sia corporate, continuarono a scendere fino al febbraio di quest'anno.
A quanto stava l'SP 500 il 6 maggio? A 2080. A quanto sta oggi? A 2060, praticamente lo stesso livello. Eppure, nel suo
discorso del 29 marzo, paragonabile per importanza a quello del 6 maggio dell'anno scorso, non c'è stato nessun accenno all'esuberanza dell'azionario.
Si è detto anzi che non ci saranno aumenti dei tassi se i mercati finanziari (equity e bond, quindi) non saranno in quel momento solidi e tranquilli.
Perché due pesi e due misure? Perché quello che era caro la primavera scorsa viene oggi incoraggiato a rimanere forte pur essendo sugli stessi livelli?
(Nell'immagine: Francesco Giuseppe incoronato re d'Ungheria. Nasce nel 1867 la monarchia duale austro-ungarica)