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Abissi

Si riparla di tassi negativi. Questa volta profondi.


La prima è che l'America di Trump rifiuta l'idea che il ciclo, fisiologicamente, rallenti e vuole tenerlo in piedi a tutti i costi. Da qui l'idea di tagliare i tassi aggressivamente anche se il Pil continua a crescere, c'è piena occupazione e le borse sono sui massimi di tutti i tempi. Se in tempi ancora relativamente buoni si vuole che i tassi scendano dal 2.5 all'1.5 o anche meno, considerando che una recessione richiede mediamente cinque punti di ribasso dei tassi, partendo dall'1.5 si dovrebbe scendere a – 3.5. In alternativa si potrebbe naturalmente riprendere il Quantitative easing, ma per evitare i tassi negativi bisognerebbe farne almeno tre trilioni e portare il bilancio della Fed a dimensioni ancora più alte di quelle di due anni fa.

La seconda ragione è il dollaro forte, un tema su cui Trump appare sempre più nervoso, fino al punto da lasciare intendere la possibilità di grandi interventi di mercato. Se l'America vuole aprire una guerra valutaria (o, direbbe Trump, rispondere alla guerra aperta dagli altri) in un contesto di tassi in discesa, che cosa può fare l'Europa per rendere poco interessante l'euro se non portare i suoi tassi, già negativi, su livelli molto più bassi?

Christine Lagarde, già candidata in pectore alla BCE, nelle scorse settimane ha aperto alla MMT (una buona idea, ha detto, da usare per periodi brevi) e ai tassi profondamente negativi (che fanno bene al mondo). Poichè la MMT in Europa troverà una fiera opposizione tedesca, l'unica strada aperta (non solo in caso di recessione ma anche di semplice indebolimento del dollaro) rimane quella dei tassi profondamente negativi.

Il problema, visto dai mercati, non è per l'oggi o per l'immediato futuro. La corsa al ribasso sui tassi e sulle valute, in una prima fase, farà solo bene a bond e azioni (e oro). I guai arriveranno più avanti, sia che l'azione espansiva abbia successo sia che non ce l'abbia. Se avrà successo, l'inflazione salirà e il valore degli asset finanziari (a meno di non essere sostenuto da continui acquisti pubblici) scenderà. Se non avrà successo ci troveremo costretti o a una forte reflazione fiscale e a una monetizzazione del debito o, in alternativa, a tassi negativi ancora più profondi.

Rimaniamo quindi nel mercato in un orizzonte 2019-2020, mentre siamo sempre più curiosi di vedere che fine ci aspetta nel nuovo decennio.
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