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Demos

Sans-culottes e cyberpunk a Wall Street

Nel tardo Cretaceo, quando la terra era più giovane di 75 milioni di anni, nelle foreste equatoriali che ne coprivano ogni centimetro quadrato grazie all'anidride carbonica elevatissima e ai dieci gradi in più rispetto a oggi, una nuova specie di sauri popolò il pianeta per 4 milioni di anni prima di soccombere nella grande estinzione che mise fine al Mesozoico. Erano i velociraptor, resi popolari da Crichton nella saga di Jurassic Park.

Rispetto all'aristocrazia dei grandi sauri, rappresentata plasticamente dal terrorizzante Tyrannosaurus Rex, erano dei parvenus. Erano grandi come tacchini, ma erano tostissimi, fulminei ed estremamente aggressivi. Avevano un grande artiglio sulle zampe con il quale squartavano facilmente le prede. I loro punti di forza erano un'intelligenza notevole e una forma di linguaggio che permetteva di organizzare azioni di gruppo coordinate. I resti di un velociraptor avvinghiato in una mischia, per entrambi fatale, con un protoceratops dieci volte più grande di lui sono giunti fino a noi.

La capacità di comunicare, la velocità e l'aggressività sono alcuni dei tratti caratteristici dei velociraptor che stanno invadendo porzioni ancora minoritarie ma crescenti dell'azionario americano, fino a ieri hortus conclusus oligarchico delle grandi balene dell'asset management e degli squali predatori dei fondi hedge. Entrambi abituati a nutrirsi del plancton costituito dagli investitori individuali, oggi se li ritrovano contro, organizzati, in scontri da cui escono perdenti.
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