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Il picco

L'inflazione rallenterà, ma non se ne andrà


La prima è la ripresa degli investimenti privati in tecnologia e in nuovi impianti produttivi. Anche senza arrivare a sostenere, come fa Russell Napier partendo dalla vicenda russa, che il valore terminale dei capitali occidentali investiti in Cina è zero, il ritorno a casa della produzione spostata nei due decenni passati in Cina (il reshoring o, come lo chiama la Yellen, il friendshoring in paesi alleati) comporta sempre una forte riduzione di manodopera e un parallelo aumento della spesa in tecnologia. E se anche si lascia in Cina quello che c'è, tutti i nuovi investimenti verranno da qui in avanti posizionati in Occidente.

La seconda è che accanto a quella dei privati, c'è una spinta ancora più forte da parte degli investimenti pubblici, dal militare alla tecnologia, con dotazioni di fondi particolarmente aggressive che si dispiegheranno nell'arco di tutto il decennio e sosterranno il ciclo economico.

La terza, che riprendiamo da Ben Hunt, è che, come i tassi bassi del decennio scorso hanno favorito la pigrizia delle imprese (che hanno preferito impiegare la liquidità a buon mercato per acquistare azioni proprie invece che in investimenti produttivi), così i tassi alti che si profilano all'orizzonte e gli attacchi ai margini derivanti dall'aumento del costo del lavoro spingeranno le imprese a investire in macchinari e tecnologia. L'ipotesi può apparire controintuitiva (i tassi bassi furono pensati nel decennio scorso proprio per spingere a investire) ma l'esperienza, finora, ne prova la correttezza.

In sintesi, per le borse la situazione non è meravigliosa, ma non è nemmeno compromessa. È semplicemente in grande movimento e, come sempre, il movimento crea nuovi rischi ma anche nuove opportunità.

(Foto: nexusplexus | 123RF)
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