In realtà tutto è stato, è e continuerà a essere più grigio e smorzato, anche perché è a questo che puntano le banche centrali. Il mercato azionario sembra averlo capito e da tempo l'indice SP 500 non si allontana troppo da 4000, un livello di equilibrio che sconta un moderato rallentamento nella seconda parte di quest'anno e una moderata ripresa l'anno prossimo. Monetario e obbligazionario, dal canto loro, si fanno carico del lavoro di stabilizzazione, muovendo il loro peso decisivo in una direzione o nell'altra.
Come nella dottrina militare degli Stati Uniti, che prevede la possibilità di combattere contemporaneamente due guerre su teatri differenti, la
Fed intende combattere in parallelo la battaglia dell'inflazione e quella della stabilità finanziaria. Correttamente, nella battaglia dell'inflazione si tiene conto della maggiore prudenza e selettività nella concessione di crediti da parte delle banche dopo i recenti episodi. Questa prudenza equivale a spanne a 25-50 punti base di rialzi dei tassi. Se dunque due settimane fa, dopo la recrudescenza dell'inflazione negli ultimi due mesi si poteva ipotizzare un tasso terminale tra il 5.25 e il 5.75 per cento, oggi è il 5-5.25 che appare più probabile.
È importante capire che la
Fed non sta abbassando il tasso terminale per dare una mano alle banche, ma perché le banche faranno da qui in avanti una parte del suo lavoro. Per questo non sarebbe corretto che le borse festeggiassero con un rialzo eccessivo il tasso terminale più basso.
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