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Achille-Renzi e la crisi-tartaruga

Inutile correre alle elezioni, con le riforme o senza: se prima non si rottamano le idee malsane, la crisi andrà sempre più avanti

E poi, come se non bastasse, per il Senato siamo ancora alla prima lettura della riforma costituzionale che ne prevede un profondo riordinamento. Se prima non si abolisce il Senato elettivo, c’è il rischio di tornare ancora una volta allo stallo attuale, con la sinistra che ha la maggioranza solo alla Camera: a meno di non immaginare uno sfondamento totale, massiccio, del PD verso il centro.

Insomma, se il PD vuole andare a votare in primavera, con il proporzionale e le preferenze sia alla Camera che al Senato, deve mettere in conto lo stesso 41% di consensi guadagnato alle Europee. Sarebbe una soluzione alla De Gaulle, che nel 1958 fece ricorso direttamente al popolo per evitare di essere contrastato tutti i giorni in Parlamento: fu così che ci si avviò alla V Repubblica.

Ma allo show-down ci si arriva in due modi: o enfatizzando la crisi fino al parossismo, nella logica del “dopo di me il diluvio” come fece De Gaulle, oppure con le promesse. Renzi ha adottato quest’ultima tattica in vista delle recenti elezioni Europee, promettendo 80 euro in busta paga a 10 milioni di lavoratori: è andata bene, perché ha fatto l’en plein con il 41% del consensi. Ha fatto esattamente come Silvio Berlusconi, quando sfidò Prodi nel 2008, promettendo che avrebbe tolto l’ICI sulla prima casa: fu un successone. Il bis fu lisciato per un pelo l’anno scorso, con la soppressione dell’IMU sulla prima casa, ma solo perché Berlusconi aveva lasciato da troppi mesi la guida del partito.

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