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Emergenza Coronavirus e "stato di eccezione"

Il caos determinato dagli errori del Governo può avere conseguenze istituzionali devastanti

L'epidemia di Coronavirus che ha colpito l'Italia, e che causerà danni economici e finanziari immensi, oltre che una perdita di reputazione irreparabile, è il frutto di una gestione politica ed amministrativa catastrofica, mediatizzata e strumentalizzata fino all'inverosimile.

1) Primo errore, mediatico e politico. La questione dei rimpatri dalla Cina è stata sovrapposta a quella della accoglienza ai migranti dall'Africa.

Sono questioni evidentemente diverse, ma in politica ognuno gioca a modo suo. L'opposizione ha chiesto di "sigillare le frontiere": per un verso bloccando nuovamente gli ingressi degli immigrati che arrivano via mare, raccolti dalle ONG, per l'altro mettendo in quarantena tutti coloro che rientravano dalla Cina, colpita dalla epidemia di coronavirus.

Non volendo assolutamente cedere alla richiesta di una "quarantena indiscriminata" nei confronti di coloro che provenissero dalla Cina e di bloccare gli immigrati raccolti in mare, il Governo ha assunto una prima iniziativa, tanto inutile quanto urticante nei confronti della Cina, vietando il 30 gennaio scorso, con Ordinanza del Ministro della Salute, tutti i viaggi aerei diretti. In questo modo, ci si è preclusa una collaborazione preziosa, perché avremmo dovuto invece farci dare l'elenco completo di coloro che rimpatriavano, italiani o cinesi, anche mediante rotte aeree intermedie. In secondo luogo, non essendo stato vietato l'arrivo dalla Cina per rotte indirette, l'ingresso è stato lasciato libero. L'Ordinanza del Ministro della Salute del 25 gennaio riguardava unicamente le procedure relative ai passeggeri provenienti direttamente dalle arre colpite dall'epidemia cinese.

Fatto sta che, viaggiando per via indiretta, dalla Cina sono tornati in tanti. In migliaia, soprattutto con destinazione in Toscana: a Prato, infatti, si concentrano tante imprese tessili dove la proprietà e la manodopera sono cinesi. Ma, in questo caso, è caduta una cappa di silenzio: c'è stata una campagna pubblicitaria che invitava a non fare discriminazioni, perché le malattie non fanno distinzioni tra i popoli. Si sono messi tutti in auto-quarantena, ma nessuna notizia trapela.

Il divieto di voli diretti con la Cina è stata una decisione dal valore solo mediatico: per far vedere che, comunque, il Governo "era sul pezzo". Si sarebbe potuto rimediare, comunque, imponendo ai viaggiatori di rientro dalla Cina di comunicarlo all'Autorità di frontiera all'atto dell'ingresso in Italia ed in ogni caso di notificarlo al Commissariato della propria sede di residenza o dimora in Italia. Analogo obbligo di comunicazione poteva essere disposto a carico delle aziende, relativamente al personale dipendente.

Negli altri Paesi, la conoscenza della lista dei viaggiatori in arrivo almeno direttamente dalla Cina per via aerea, ha consentito almeno di conoscere la gran parte di chi arrivava. Pur non essendo affatto esclusi, neppure per questi Paesi, gli arrivi per via indiretta, era comunque una prima "traccia": non è detto, infatti, che chi rientra a Parigi da Pechino sia rimasto fermo nella capitale francese.
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