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Crisi energetica, è sempre l’Unione del "fai da te"

Ci saranno regole comuni, ma ogni Paese dovrà arrangiarsi con le proprie risorse

Sui temi dell'energia e del gas l'Unione europea ha messo sola una toppa: il 30 settembre scorso le istituzioni europee sono riuscite a superare lo stallo decisionale, ma con un accordo che lascia ciascuno Stato con le sue difficoltà in termini sia di approvvigionamento che di risorse finanziarie necessarie per sostenere la propria economia.

Non ci sarà nessun Fondo Comune Europeo di sostegno, non si procederà con un coordinamento degli approvvigionamenti come è successo per i vaccini anti-Covid, né meno ancora con una sorta di indebitamento diretto dell'Unione per sostenere in modo omogeneo le finanze dei singoli Stati.

Ogni Stato fa da sé: non solo per gli approvvigionamenti dall'estero necessari per sostituire le forniture dalla Russia, contattando ciascuno i governi e gli operatori stranieri, sia per il petrolio che per il gas, ma soprattutto per fare fronte comune ai costi smisurati che saranno necessari nei diversi paesi per affrontare le difficoltà delle imprese e delle famiglie di fronte ai rincari dei prezzi o al venir meno delle forniture necessarie.

Chi ha risorse di bilancio da spendere, le utilizzerà per sé.

Chi ha energia nucleare, la utilizzerà per sé.

Chi ha approvvigionamenti diretti, li utilizzerà per sé.

Ancora una volta, come è successo con la crisi finanziaria del 2010, i più forti impongono la direzione da intraprendere, senza alcuna solidarietà.
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