Due sarebbero gli strumenti per accelerare questo processo: un
trattamento fiscale ancora più favorevole per gli investimenti in energie rinnovabili e l'imposizione generalizzata di una
Carbon Tax all'importazione di merci dai Paesi che non raggiungono i livelli concordati a livello internazionale per le emissioni di CO2. In questa maniera, si accrescerebbe ulteriormente la convenienza delle fonti energetiche alternative a quelle fossili: il differenziale di costi si ridurrebbe di molto se dovesse essere davvero introdotto questo nuovo dazio all'importazione, con un ulteriore beneficio per la bilancia commerciale di chi è in passivo come gli Usa.
Ci sono
due soli dati certi: che le
fonti energetiche fossili sono concentrate in alcuni Paesi, e che l'
Europa non ne ha a disposizione a sufficienza. Solo la Norvegia è esportatrice netta di gas, mentre l'Olanda per ragioni geologiche sta chiudendo pozzi che hanno riserve ancora molto importanti. La Francia, che sta rimettendo in funzione un buon numero degli impianti nucleari fermati per consentire lavori di manutenzione straordinaria, è una eccezione: l'energia solare e quella eolica sono fonti intermittenti ed insufficienti.
L'idea che alletta il mondo della finanza occidentale è di sostituire quote crescenti dei pagamenti annui correnti all'estero, effettuati per importare prodotti energetici fossili, con altrettanti investimenti all'interno per produrre energia da fonti rinnovabili. In questo modo si gestiscono nuove risorse su cui si incassano interessi ed utili.
La
fiammata dei prezzi sui prezzi all'importazione, in primo luogo sui prodotti energetici, ha scatenato una nuova corsa all'innovazione.
Se qualcuno ci guadagna, qualcun altro ci perde.
Le Borse scommettono sulla transizione ambientale: un azzardo?Borse, Green Finance & Carbon Tax(Foto: sarayutsy | 123RF)
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