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Deglobalizzazione e Competizione asimmetrica

Sopravvivere tra Prezzi differenziati, Sanzioni, Dazi e Tensioni geopolitiche

Era stato immaginato un Mondo Ideale: un Occidente prospero, sempre più deindustrializzato, terziarizzato e finanziarizzato, avrebbe comprato a condizioni convenienti la manifattura prodotta nei Paesi del Terzo Mondo, Cina in testa, e dell'Est europeo ex-comunista. Se i loro costi del lavoro infimi e le inesistenti tutele sindacali spiazzavano le produzioni occidentali, causando fallimenti ed imponendo la delocalizzazione, l'Occidente avrebbe comunque spadroneggiato, estraendo profitti, rendite ed interessi attraverso gli investimenti diretti, l'indebitamento delle imprese e delle popolazioni, l'intermediazione commerciale e finanziaria.

Al dunque, il verso dell'operazione si è rovesciato: la deindustrializzazione dell'Occidente è stata irreversibile, ma a suo danno. La penetrazione finanziaria si è scontrata contro un muro invalicabile: i profitti, gli interessi e le rendite rimanevano appannaggio del sistema di potere locale. Come in Russia, d'altra parte, dove gli Oligarchi si sono impadroniti di tutto.

La Grande crisi Americana del 2008 e quella dell'Eurozona del 2010-2012 hanno indotto un ripensamento tardivo: non si può vivere facendo continuamente debiti. Il benessere era fondato sui consumi pagati con le carte di credito revolving e sulle case comprate con i mutui che coprivano il 100% del prezzo d'acquisto.

Un quindicennio di politiche monetarie eccezionalmente accomodanti in Occidente, tra Fed, Bce e BoJ, con i tassi a zero o negativi e la immissione di moneta senza sosta, ha dato la illusione che il problema dell'economia reale fosse risolto: i debitori avevano avuto tregua, ma i soldi erano stati tutti investiti in azioni già in circolazione o in iniziative imprenditoriali che non creavano né nuova occupazione né reddito. Si investiva su "idee di business innovativo", ipotesi tanto promettenti quanto inconcludenti.
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