Un’altra complicazione è
Ebola. In certi momenti, vedendo l’approssimazione della risposta delle autorità e degli esseri umani in generale, viene davvero da preoccuparsi. Gli animalisti spagnoli che si sono opposti alla soppressione di un cane forse infetto ricordano tanto il Brad Pitt delle Twelve Monkeys (che nel film provoca la quasi estinzione del genere umano). In altri momenti si vedono invece le cose nelle loro attuali limitate proporzioni e ci si calma. È chiaro comunque che
Ebola è, per i mercati, una variabile totalmente incontrollabile.
Provando a sintetizzare, il quadro attuale appare molto aperto. Bastano una ripresa della produzione industriale tedesca (ben possibile, come abbiamo visto), un Qe europeo fatto di Abs (potenzialmente 1.2 trilioni, dice Constancio, pari a un trilione e mezzo di dollari, molto più del Qe3 americano che sta per terminare) e un Ebola che fa parlare meno di sé per dare un buono spazio a nuovi massimi di borsa nel prossimo periodo. Un’Europa che litiga, una BCE con il freno a mano tirato, un’industria tedesca che non si riprende e un’Ebola che non si ferma possono invece fare pendere la bilancia dal lato opposto, anche pesantemente.
Siamo abbastanza fiduciosi sull’Europa. Le politiche fiscali sono di nuovo leggermente espansive (grazie alla ribellione francese) e la Germania si farà volentieri mettere in minoranza nella BCE, accettando un Qe teologicamente meno impuro di quello americano. Su Ebola, naturalmente, non sappiamo nulla.
In pratica manteniamo il
profilo favorevole al dollaro e all’equity, ma con l’idea di alleggerire l’azionario (non il dollaro) nei momenti in cui l’alta volatilità lo riporta vicino ai massimi.
Ebola a parte, un mercato che sale e che scende e che pende un po’ meno dalle labbra e dalla volontà politica delle banche centrali non è altro, come nota Richard Pzena, che un mercato che sta diventando più normale.
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