Goldilocks senza inflazione è piacevolmente sicuro come camminare lungo il fiume che ha scavato la valle. Per contro, avere mezzo mondo che cresce molto e forse va frenato e l’altro mezzo che sembra sprofondare senza rimedio nelle sabbie mobili della deflazione dà una sensazione di vertigine.
Ci sono poi altri fattori che complicano ulteriormente il quadro.

Il primo è che i dati macro non sono di facile lettura. L’
inflazione salariale americana, l’elemento più importante nelle scelte sui tassi della FED, è straordinariamente mite in alcune statistiche (quelle del Dipartimento del Lavoro) ed è invece vivace e in crescita in altre, come ad esempio quelle raccolte da Adp. Le prime hanno il peso dell’ufficialità, ma sono vecchie e superate nel disegno. Le seconde, quelle di Adp, sono qualitativamente migliori, ma hanno un seguito minore. La FED si basa sulle prime, che supportano la scelta politica di tenere i tassi a zero, ma sa che ci può essere del vero anche nelle seconde.
Un altro dato di difficile lettura è quello sulla
pesante caduta della produzione industriale tedesca. Si è sempre saputo che da
Italia e
Francia non c’è da aspettarsi molto, si è capito da tempo che la storia della ripresa europea è molto ottimismo della volontà e poco realtà effettiva. Nessuno però aveva finora messo in discussione la tenuta della Germania e la sua capacità di fronteggiare la riduzione del mercato russo prodotta dalle sanzioni.
Se cade la Germania, si sono detti i mercati, cade l’Europa e se cade l’Europa, accompagnata da
Cina, Giappone, Brasile e Russia che non stanno tanto bene, rischia di affievolirsi anche l’America. Addio rialzo azionario.
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