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Previsioni

Capirne la logica per utilizzarle al meglio


Chi utilizza le previsioni non deve mai dimenticare i limiti di questo processo. Il primo è la linearità, ovvero la mancanza di retroazioni. I modelli econometrici, ad esempio, fino al 2008 non includevano l'andamento degli asset finanziari e reali e li consideravano un semplice effetto delle variabili macro, mai una causa. Oggi, dopo avere constatato gli effetti prodotti dai mercati sull'economia durante la Grande Recessione, questa distorsione è stata corretta, ma ancora non del tutto.

Wade Guyton. Untitled. 2017Il secondo limite è psicologico. L'analista a valle deve partire dalle conclusioni che gli comunica l'analista a monte anche quando non le condivide ed è tenuto a tenere per sé l'eventuale dissenso. Questo lo trasforma da previsore (sarà A e poi B) in modellizzatore (se A, allora B).

In sintesi, chi legge una previsione deve sforzarsi di capire quante variabili sono state considerate e come sono state messe in relazione tra loro. Quando le variabili sono poche le stime possono suonare fin troppo perfette e precise, quando sono invece numerose le stime tendono a sembrare caotiche e prive di una logica interna.

Per il 2018 le previsioni sono più facili del solito per la prima parte della catena di montaggio (economia e politica monetaria) ma sono più difficili, rispetto agli ultimi anni, per l'ultima parte, in particolare la borsa. La ragione è che la prima parte viene ormai offerta prefabbricata dalle banche centrali. Sappiamo così che la liquidità globale toccherà un massimo storico tra il secondo e il terzo trimestre e poi inizierà molto dolcemente a declinare e che la crescita sarà ancora buona nel 2018 ma sarà meno brillante nel 2019. Sappiamo che la Fed alzerà i tassi almeno tre volte e che la Bce li alzerà a metà 2019, che la curva europea si farà più ripida e quella americana più piatta, senza che l'appiattimento sia per forza quell'anticamera della recessione di cui alcuni parlano.

Sulle borse sappiamo che gli utili saliranno ancora parecchio negli Stati Uniti (se ci sarà la riforma fiscale, ormai in dirittura d'arrivo) e non molto in Europa, dove molto dipenderà dall'euro. Ancora bene il Giappone, qualche dubbio sulla Cina.
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