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Nice try

La fine della normalizzazione monetaria


Con l'exit strategy si era provato a dire che la medicina era tossica, certo, ma che si sarebbe smesso presto di assumerla. Con la normalizzazione si proclamò invece qualcosa di più forte e impegnativo, ovvero l'avvenuta guarigione. Si era usciti in piedi dal brutto periodo a cavallo tra l'estate del 2015 e la primavera del 2016, c'era molto ottimismo nei mercati e il mercato del lavoro cominciava a mostrare segni di forza consistente. Cresciuti nel culto della curva di Phillips, i policy maker erano convinti che l'inflazione salariale era dietro l'angolo. Aspettarono qualche mese per non danneggiare la Clinton e poi, una volta eletto a sorpresa Trump, non ebbero più esitazioni e lanciarono un grande ciclo di rialzi dei tassi, che nelle intenzioni avrebbe dovuto proseguire fino alla fine del 2020.

Al tempo stesso, non paghi, lanciarono un altrettanto ambizioso programma di Quantitative tightening, che si sarebbe dovuto chiudere nel 2021 dopo avere smantellato metà del Quantitative easing precedente. Aiutati dall'attesa degli zuccheri fiscali che Trump avrebbe distribuito con il taglio delle imposte per le imprese, i mercati incassarono molto bene la normalizzazione monetaria, che nel frattempo si era estesa all'Europa e al Giappone. Con l'Europa già di nuovo indebolita da una recessione manifatturiera iniziata nell'estate, la Bce volle a tutti i costi (per impulso tedesco) porre termine, alla fine del 2018, l'esperienza del Qe. Fu una questione di puntiglio, di orgoglio, di hybris. Ci si proclamò guariti proprio mentre ci si stava di nuovo ammalando. Il Giappone, più sornione, confuse le carte e si limitò a rendere flessibile il Qe, tenendolo comunque in piedi e stando bene attento che i tassi rimanessero a zero sul decennale.

Oggi la normalizzazione è finita, ma non perché il mondo è ritornato normale quanto perché è ritornato anormale. Intendiamoci, non stiamo entrando in una recessione globale, ma stiamo rientrando a poco a poco nel liquido amniotico in cui abbiamo vissuto tra il 2009 e la fine del Qe. Le banche centrali, che avevano cercato di svezzare i mercati e di farli camminare con le loro gambe, se li ritrovano ora di nuovo sotto le sottane, per ora più capricciosi che spaventati, a dire il vero.

Alla normalizzazione va riservato l'onore delle armi. È stata corretta come idea in America, anche se è stata realizzata con troppa energia. Ha tenuto bassa l'inflazione, anche qui fin troppo. Ha tolto dallo stato ipnotico i mercati almeno per qualche tempo e li ha obbligati a ragionare di nuovo con la loro testa. Anche l'economia ha retto, tutto sommato, sia al rialzo dei tassi sia all'avvio della deglobalizzazione.
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