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Critica della ragion verde (1/2)

Gli aspetti teorici della questione ambientale


La prima domanda ci porta alla seconda, di natura etica. È l'ambiente al nostro servizio o siamo noi a dovere servire l'ambiente? Se vogliamo preservare l'ambiente è per nostro vantaggio (utilitarismo) o perché l'ambiente ha una sorta di sacralità e va preservato in sé (ambientalismo)? E che facciamo se l'ambiente se ne va in rovina da solo, come sta succedendo su Marte? Lo salviamo o non interferiamo? E salvare chi e che cosa, noi o i nostri successori? Se per salvare il (loro) pianeta gli anaerobi del Precambriano, da bravi cittadini, avessero lanciato un Black Deal per prevenire la diffusione delle foreste e dell'ossigeno (che per loro era mortale), loro sarebbero ancora qui, ma noi aerobi non saremmo mai nati.

Queste e altre domande e contraddizioni attraversano quasi tutti i grandi paradigmi di pensiero nei quali siamo immersi. Nella tradizione religiosa occidentale, ad esempio, si intrecciano il suprematismo specista umano del libro della Genesi con il riconoscimento della grandezza di ogni parte del Creato, anche la più umile, della tradizione francescana.

Nella sinistra convivono il culto dello sviluppo (quello che ha portato al terraforming dell'Asia centrale sovietica e alla catastrofe del mare di Aral e che ha fatto fino a ieri della Spd il partito del carbone e dell'auto) e l'ambientalismo apocalittico degli ultimi tempi dietro il quale fare passare altri temi. Nella destra convivono da una parte l'anima faustiana della volontà di potenza e del dominio della natura, presente ad esempio nella retorica fascista delle grandi bonifiche e nel futurismo, e dall'altra la retorica tedesca del Sangue e Terra, che parte dal Romanticismo e che diventa ecologismo razziale nei film di ambientazione alpina che Goebbels faceva produrre durante la guerra.

Quanto ai nuovi culti dell'ultimo mezzo secolo, vediamo la convivenza in molti personaggi di Silicon Valley di elementi da una parte di ecologismo neopagano New Age e dall'altra di transumanesimo faustiano, quello che motiva molti nuovi magnati a teorizzare una fortissima accelerazione dello sviluppo delle forze produttive in cui includere la colonizzazione dello spazio.

Chi si oppone a questo sviluppo esasperato è proprio l'ecologismo ortodosso e fieramente anticapitalista, che con Serge Latouche e il gruppo Mauss ha elaborato, con una dignità intellettuale che le va riconosciuta, la teoria della decrescita felice. In realtà Latouche non ha al centro dell'attenzione l'ambiente, ma un modello di umanità conviviale, solidale, localista e anticonsumista che la sera fa tardi chiacchierando amabilmente con gli amici e non va a letto presto perché l'indomani dovrà alzarsi all'alba per produrre beni di consumo inutili che dovranno presto essere rottamati per creare profitto. È per questo, si noti, che il vero bersaglio di Latouche (e di de Benoist) è la teoria dello sviluppo sostenibile, che nella sua visione è solo un pretesto per prolungare il dominio dell'oligarchia mondialista.
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