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Punti di tensione

Quattro questioni difficili


Il secondo punto di tensione è di più lunga durata e riguarda il quadro macro e il paradigma da adottare nella visione degli asset finanziari. Lo scenario di base è che questa volta è diverso e che 30 è il nuovo 20. Fin da bambini ci viene insegnato che bisogna diffidare dei predicatori di rotture col passato e dei teorici entusiasti della Nuova Era. E fin da bambini ci viene spiegato che quando i multipli azionari raggiungono il livello di 20 volte gli utili in un contesto di espansione già matura bisogna resistere al canto delle sirene e ridurre l'esposizione all'azionario.

Questa volta, però, sembra davvero esserci qualcosa di nuovo. Già un'espansione di undici anni è un fatto raro, ma ancora più raro, se non unico, è che all'undicesimo anno i tassi reali siano ovunque negativi e che quelli nominali siano anch'essi sotto zero in molti paesi. Ed è nuovo, almeno nei decenni recenti, che i predicatori della Nuova Era non siano venditori di olio di serpente nelle piazze di paese ma banchieri centrali che annunciano con la massima chiarezza che i tassi reali rimarranno negativi per il tempo delle nostre vite. Quanto all'inflazione, o continuerà a essere contenuta come è stata in questi anni o aumenterà senza che questo cambi più di tanto i tassi di mercato.

L'esempio del Giappone, che da tre anni tiene a zero tutta la curva dei rendimenti dei governativi, si appresta a essere adottato di fatto da molte banche centrali almeno fino alla parte intermedia. Se poi Sanders diventerà presidente e arriverà a controllare la Fed, tutti i tassi, anche quelli a lungo, verranno portati a zero quale che sia il livello d'inflazione. È chiaro che un contesto di questo tipo favorisce la continua espansione dei multipli e che 30, per il rapporto tra prezzo e utili, è il nuovo 20.

Il rischio di coda è che l'esperienza storica dimostra che è ben difficile che tutte le condizioni ambientali richieste per un continuo rialzo azionario rimangano in essere a lungo. Un'accelerazione della crescita può portare all'inflazione. Un rallentamento può portare a una riduzione degli utili. Nel primo caso è bene non avere bond, nel secondo il multiplo in espansione può non essere sufficiente a compensare gli utili che si riducono.

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